Dizionario dei Sintomi – Lettera A
Dizionario dei Sintomi – Lettera A
ABASIA:
incapacità totale o parziale di camminare mentre il tono e la forza muscolare, la sensibilità e la coordinazione restano integre.
Sono forse bloccato dalla paura di andare avanti?
Che cosa mi paralizza?
ABBANDONO :(sentimento e nevrosi dell’abbandono):
In psichiatria, il termine «abbandono» è riferito a una rottura, totale o progressiva, dei legami affettivi che uniscono un individuo alle persone che gli sono care. Può trattarsi del legame di dipendenza naturale di un bambino verso i suoi genitori, o di quello che si crea in un’amicizia o in una relazione di coppia.
La rottura del legame può essere violenta, come nel caso della morte improvvisa di una persona amata o di una partenza inaspettata.
La rottura può essere di ordine affettivo, per esempio nel caso di una mamma che non risponde al pianto del bambino per scoraggiarlo dal fare capricci, o di una mamma o un papà che si rifiutano di accompagnare il loro bambino o di essere presenti a qualcosa che per lui riveste grande importanza. Un bambino che non si sente ascoltato, capito, sostenuto, protetto, che si sente ignorato, rifiutato…
Situazioni di rotture affettive vissute nel passato possono aver fatto nascere un sentimento di abbandono che, a sua volta, ha generato il timore di essere nuovamente abbandonati, o causato una nevrosi dell’abbandono.
La persona che ne soffre vive con l’angoscia di essere lasciata, cosa che la spinge a essere gelosa e possessiva. Nel momento in cui l’individuo amato non sopporta più questi comportamenti soffocanti e desidera creare una distanza per poter «respirare», il sentimento di abbandono viene a galla. La persona ne è sconvolta, pronta a tutto purché l’altra non si allontani. Dopo aver fatto ricorso a ogni genere di stratagemma (suppliche, pianti, minacce) ed essersi resa conto che non può trattenere l’amato, piomba nella tristezza, nell’amarezza, perde l’appetito e talvolta anche la voglia di vivere. Si sente quindi ferita, vittima, priva di valore e cade in depressione.
Per liberarsi da questa nevrosi è fondamentale accogliere il bambino che eravamo in uno dei momenti in cui ha vissuto questa emozione. Attraverso l’immaginazione si può ritrovare il bambino e vedere l’adulto di oggi entrare in quella scena per dirgli che non è solo, che è presente e che non l’abbandonerà mai, che sarà per lui quel papà o quella mamma di cui aveva tanto bisogno, che potrà contare su di lui e che gli darà l’amore che ha tanto atteso dagli altri. Si potrà allora vedere il bambino aprirsi alla vita e ritrovare il desiderio di vivere.1 Vedi anche Depressione.
Mi sono sentito abbandonato?
Da chi?
In quale circostanza?
ABLAZIONE DELLA GHIANDOLA TIROIDEA:vedi anche Ghiandola Tiroidea.
Ho, o avevo, difficoltà nell’affermarmi in ciò che è importante per me?
ABORTO:vedi Gravidanza e suoi problemi.
ACALASIA: vedi Esofago.
ACHILLE (tendine): vedi Tendine d’Achille.
ACIDITÀ GASTRICA: vedi Stomaco.
ACIDO URICO: vedi Artrite gottosa.
ACNE:
dermatosi provocata dall’infiammazione dei follicoli piliferi e delle ghiandole sebacee. Spesso è causata da situazioni in cui si è portati a credere che gli altri non ci vogliano, cosa che spinge poi al rifiuto di se stessi.
→ Acne giovanile del viso: localizzata soprattutto sulla fronte, sulle guance e sul mento.
Frequente negli adolescenti che dubitano di loro stessi, che hanno difficoltà a integrarsi in un gruppo, che temono il giudizio degli altri. L’adolescenza è il periodo di transizione tra l’infanzia e il mondo adulto. Se alcuni adolescenti rifiutano l’autorità dei genitori, altri invece faticano a uscire dalla loro sfera d’influenza. Il ragazzo che soffre di acne può avere la sensazione di non riuscire a essere se stesso, di dover essere ciò che i suoi genitori si aspettano che sia, ciò che lo pone in una situazione di fragilità nei confronti dei suoi coetanei che considera molto più emancipati. Ciò può indurlo a provare vergogna e a sprofondare ancora di più nel suo problema.
Questo tipo di acne colpisce anche le persone adulte alle prese con la difficoltà di non poter essere se stesse per il timore di non piacere o di essere respinte qualora non rispondano alle attese delle persone vicine o del loro ambiente.
Mi sento messo da parte, non integrato nel gruppo di cui vorrei far parte?
Ho la sensazione di non poter essere me stesso, di dover essere ciò che il mio ambiente si aspetta che io sia?
→ Acne escoriata o severa del volto: questo tipo di acne lascia segni e cicatrici. Ha le stesse cause di quella giovanile, ma è determinata da un rifiuto più marcato della propria persona.
Un ragazzo che soffre di questo tipo di acne può avere la tendenza a paragonarsi a giovani della sua età che ci sanno fare molto con le ragazze, mentre lui è ancora timido e vergine. Il disagio, l’imbarazzo e il rifiuto di sé può manifestarsi sulla pelle del viso.
Ho la tendenza a rifiutarmi, a pensare che sono meno bello, meno attraente degli altri?
Cerco di isolarmi dagli altri o di proteggermi da coloro che potrebbero voler abusare di me, tenendoli lontani con la mia acne?
Lina ha diciassette anni, ha sviluppato un’acne cistica in seguito a un abuso. Un giorno alcuni ragazzi, passando in macchina e vedendola di spalle, le gridano: «Ehi, bella moretta!» Quando si gira, i ragazzi esclamano: «Oh!» Lina interpreta l’episodio come un rifiuto della sua persona e si allontana ancora di più dagli altri. È in questo periodo che vuole abbandonare gli studi. Più rifiuta se stessa, più l’acne aumenta, più si isola dagli altri. Il giorno in cui Lina imparò a volersi bene e ad accettarsi così com’era, notò che l’acne cominciava a sparire. Meno di sei mesi dopo non ne aveva più del tutto.
→ Acne sulla schiena:
Ho la tendenza a svalutarmi perché non posso dare agli altri il sostegno che si aspettano da me o perché non ricevo il sostegno di cui avrei bisogno per credere in me stesso?
Può essere un sostegno di tipo affettivo, finanziario, accademico o di incoraggiamento da parte dei nostri cari.
→ Acne sul petto: il petto ha a che fare con il nostro spazio vitale.
Rifiuto me stesso e mi sottovaluto perché sono timido, non occupo in modo sufficiente il mio spazio?
ACROMEGALIA:vedi Ipofisi.
ACUFENE: rumore interno all’orecchio sentito unicamente dalla persona che ne è affetta.
Nel caso di un acufene è importante identificare il tipo di rumore che si sente, ciò che esso rappresenta per noi e capire se ci stiamo mettendo sotto pressione per non ascoltare i nostri bisogni o le emozioni legate a questo rumore.
Una donna sentiva un rumore simile alle cicale, che per lei rappresentavano il periodo delle vacanze. Quando se ne rese conto, capì che non si concedeva il diritto di stare in ozio quando suo marito era al lavoro.
Anch’io ho sofferto di acufene all’orecchio destro, e anch’io sentivo il canto delle cicale. Così come per quella donna, le cicale per me rappresentano l’estate, le vacanze. Nel periodo in cui soffrivo di questo disturbo avevo un gran bisogno di vacanze, ma mi tenevo sotto pressione per finire di scrivere un libro che volevo far pubblicare. Al momento dell’uscita in libreria, finito lo stress da lavoro, il rumore scomparve. Tornò appena ripresi la scrittura di un nuovo libro, ma questa volta, avendo capito il problema, smisi di farmi pressione dicendomi che il libro sarebbe uscito nel momento più opportuno per me.
Una delle mie pazienti mi disse che il rumore che sentiva le dava l’impressione di avere le orecchie tappate. Lo associava quindi a un tappo. Il disturbo era iniziato al rientro dalle vacanze, dopo una discussione con suo marito. Lui sosteneva che quando sarebbero andati in pensione (alla quale mancava poco) avrebbero dovuto ridurre il loro tenore di vita, aggiungendo che non avrebbero più potuto permettersi di avere due vetture, di fare vacanze come quelle che si erano appena presi eccetera. Per lei, la sola idea di non avere più la sua auto equivaleva a perdere la propria libertà. Solo a pensarci si sentiva bloccata. Il tappo corrispondeva al timore di perdere la propria autonomia.
L’aiutai a prendere coscienza del fatto che si trattava solo delle paure di suo marito e che invece lei era una donna dinamica, che aveva sempre avuto ciò che desiderava e che nessuno la obbligava a vivere le cupe proiezioni del marito. Attraverso visualizzazioni mentali l’aiutai a ritrovare il momento in cui si era sentita bloccata dalla paura. Parlò con la donna che era stata, dicendole che avrebbe sempre avuto i soldi di cui avrebbe avuto bisogno, e che non avrebbe condiviso le paure del marito. Incoraggiò anche lui e si liberò da tutti i turbamenti.
Dopo la seduta, la sera stessa l’acufene era scomparsa, mentre un otorinolaringoiatra le aveva consigliato un intervento chirurgico e medicinali da prendere per tutta la vita.
Un’altra paziente sentiva strida di uccelli. Quando le chiesi cosa rappresentassero per lei, mi rispose: «Grida di bambini». «E le grida dei bambini a che cosa ti fanno pensare?» «A quelle di mio fratello quando mio padre lo picchiava.» Si era sentita completamente impotente per non poter aiutare il fratello e continuava a fare pressione su se stessa per non cadere in preda al senso di impotenza che la assaliva nel suo lavoro di aiuto per gli altri.
Un’altra donna ancora sentiva le campane di una chiesa che la riportavano ai funerali della madre. Il rumore corrispondeva alla pressione a cui si era sottoposta e a cui continuava a sottoporsi per non esprimere le sue emozioni.
Ho spesso avuto a che fare con persone che mi hanno riferito di aver sofferto di acufene dopo la morte di un loro caro e nella maggior parte dei casi si trattava di persone che facevano di tutto per non lasciar trasparire le loro emozioni.
Qual è la pressione interna di cui mi carico attraverso i miei monologhi interiori?
Mi dico: «Bisogna che finisca quello che ho iniziato… Devo resistere… Devo riuscirci… Bisogna che continui…» mentre in fondo al cuore vorrei potermi occupare di altro?
Che cosa non voglio sentire nel mio intimo dato che non vedo soluzioni?
È forse il bisogno di fermarmi, di mettere un termine al mio lavoro, di godere un po’ di più della vita, di andare in pensione?
È forse la tristezza che mi pervade, il sentimento di solitudine che mi fa soffrire, la difficoltà che ho a raggiungere la persona che amo?
ADDISON: vedi Ghiandole surrenali.
ADENOCARCINOMA:
tumore maligno di una ghiandola o di un tessuto ghiandolare. Questa patologia è presente soprattutto nel cancro al seno, al colon, al pancreas, ai reni, come anche alle ghiandole salivari e ad altri organi (cfr. il tipo di tumore in questione).
Dipende molto spesso da un grande turbamento emotivo dovuto a un trauma affettivo per la perdita di una persona cara.
Ho vissuto una forte emozione di colpa, di dolore, di rifiuto, di abbandono, di accuse infondate dal mio partner, da mio figlio o da una persona di cui mi sento responsabile?
→ All’utero (per esempio):
Ho vissuto forti emozioni riguardanti il mio ambito famigliare (il mio focolaredomestico, il mio o i miei figli)?
ADENOFLEMMONE:
infezione di una linfoghiandola.
Ho difficoltà ad accettare il fatto che dovrò combattere contro questa malattia?
ADENOIDI o VEGETAZIONI ADENOIDI:
tessuto linfatico della mucosa rinofaringea con funzione di difesa dell’organismo a livello delle vie respiratorie.
→ Aumento delle vegetazioni adenoidi: il sistema linfatico prolifera quando ci si sente minacciati. Questa patologia compare spesso nei bambini che vanno all’asilo o che iniziano la scuola. Ci si potrebbe chiedere se è legata a una sensazione di insicurezza che il bambino prova quando è separato dalla mamma, verificandolo magari anche con lui.
→ Adenoidectomia: asportazione chirurgica delle adenoidi. Può anche essere eseguita assieme a un’amigdalectomia (ablazione delle amigdale o tonsille, vedi Tonsille).
Quali sentimenti viveva il bambino prima della crescita delle vegetazioni adenoidi? Si sentiva forse insicuro? Aveva bisogno di essere rassicurato che la madre lo amava o che non lo avrebbe mai abbandonato?
ADENOMA:
piccolo tumore benigno di una ghiandola formato dall’epitelio di un organo. È sovente legato a una ferita affettiva provocata da una persona che amiamo in modo particolare.
La persona può essere il nostro partner, un genitore, un figlio o un amico…
La ferita può entrare in risonanza con un trauma da rifiuto o da abbandono vissuto nell’infanzia.
Ho vissuto una situazione che mi ha destabilizzato affettivamente, che mi ha profondamente toccato?
ADENOPATIA:
rigonfiamento di uno o più linfonodi localizzati soprattutto nel collo, nelle ascelle e nella regione inguinale, di natura infiammatoria o tumorale (vedi Linfonodi).
ADERENZE:
esistono aderenze fisiologiche normali e aderenze patologiche. Le prime hanno il compito di mantenere gli organi (colon, reni e milza) all’interno del peritoneo.
→ Aderenze patologiche: tessuto fibroso che unisce organi normalmente divisi tra loro.
Benché alcune siano congenite, la maggior parte si forma nei processi di cicatrizzazione di piaghe o bruciature, dopo un intervento chirurgico o un trattamento di crioterapia. Tuttavia, non tutte le persone che si sottopongono a interventi chirurgici sviluppano aderenze, così come è possibile averne in seguito a un intervento chirurgico e non dopo un altro. Ciò può essere spiegato dall’intensità dell’infiammazione che può creare un calore intenso, diverso da una situazione a un’altra e da persona a persona.
I trattamenti di crioterapia ne sono un esempio, e la cosa si spiega abbastanza facilmente. Quando mettiamo un cubetto di ghiaccio sulla pelle, il corpo reagisce aumentando il calore in modo da compensarne la perdita. Un cubetto può avere una temperatura di -20 °C. Possiamo immaginare la compensazione che viene a crearsi a livello dei tessuti quando vengono a contatto con azoto liquido raffreddato a -196 °C. Il corpo reagisce producendo un calore intenso che può far aderire i tessuti gli uni agli altri.
Dopo la nascita di mia figlia, sviluppai un cancro al collo dell’utero. Per cercare di eliminarlo, mi proposero un trattamento di crioterapia. In seguito iniziai ad avere forti dolori addominali, in modo particolare all’avvicinarsi e durante le mestruazioni. Consultai un medico e mi sottoposi a esami, scoprendo che avevo sviluppato aderenze multiple. Come, perché? Il medico non seppe darmi spiegazioni e mi propose un’isterectomia totale. Avevo ventisette anni e desideravo un secondo figlio. Sopportai quindi le aderenze e, con stupore dei medici che mi seguivano, rimasi di nuovo incinta. Alla nascita di mio figlio ebbi la fortuna di incontrare un chirurgo meraviglioso che mi liberò da tutte le aderenze. Fu un intervento che durò molte ore e dal quale ci vollero mesi per riprendermi.
Mi occorsero anni prima di poter fare il collegamento tra questo trattamento e le aderenze, senza tener conto del fatto che quando ero stata dal medico perché avevo perdite di sangue fra una mestruazione e l’altra ero nella fase di guarigione dal tumore (vedi Tumore al collo dell’utero alla voce Utero).
Molte persone credono che un intervento chirurgico sia la soluzione miracolosa per liberarsi dai loro problemi, dimenticando a volte un po’ troppo in fretta gli effetti secondari. Sicuramente gli interventi chirurgici hanno salvato e salvano molte vite, ma talvolta vengono eseguiti inutilmente. Dopo un intervento per asportare la vescicola biliare, mi accorsi di avere due cicatrici. Ne chiesi il motivo all’infermiera. Mi rispose: «Quando si opera l’addome di solito si toglie l’appendicite nel caso si presentassero problemi!» Che potevo dire? Oggi le chiederei se quel medico sarebbe disposto a farsi asportare i testicoli nel dubbio che potessero sviluppare un cancro. Questo è talvolta il prezzo che si deve pagare per imparare a usare il proprio discernimento.
Un giorno un’amica a un Centro di crescita personale mi disse: «Se si proponesse a un malato di cambiare la sua alimentazione, le sue convinzioni e liberarsi dalle emozioni legate alla sua sofferenza per guarire, oppure di sistemare la cosa con un intervento chirurgico, otto persone su dieci opterebbero per l’intervento». Per fortuna questa percentuale tende a diminuire.
→ Se queste aderenze hanno avuto origine da ustioni:
Qual era il senso di colpa che mi ha attirato questa o queste ustioni e queste brutte cicatrici?
AFASIA:
disturbo o perdita della padronanza del linguaggio acquisito che causa difficoltà nel parlare, nello scrivere o nel leggere. L’afasia dipende da una lesione delle due zone cerebrali specializzate nel linguaggio (l’area di Broca e l’area di Wernicke), nonché delle loro connessioni nell’emisfero cerebrale dominante.
→ Afasia di Broca: l’eloquio è lento, segnato dallo sforzo e mal ritmato. Le parole sono limitate all’essenziale.
Ho molta paura a esprimermi di fronte a una persona in particolare o in una determinata situazione?
→ Afasia di Wernicke(o afasia recettiva): la persona non comprende i comandi orali o scritti.
Ho avuto un trauma nei primi anni di scuola o ho avuto molta paura di non essere in grado di corrispondere a ciò che i miei insegnanti si aspettavano da me?
→ Afasia globale: incapacità o grande difficoltà a parlare, a scrivere o a capire le parole pronunciate o scritte.
Ho vissuto uno shock o una forte emozione che mi ha lasciato senza parole?
→ Afasia dovuta a un incidente cerebro-vascolare o a un trauma cerebrale:
Ho vissuto una paura che mi ha paralizzato?
Il terrore di morire può aver originato un trauma cerebrale e causato di conseguenza un’afasia.
AFFANNO: sensazione di avere il respiro corto.
→ Affanno improvviso:
Che cosa mi fa paura?
→ Affanno che perdura:
Ho paura di perdere ciò a cui tengo?
Ho domandato molto a me stesso?
AFONIA:vedi Corde vocali.
AFTA o ULCERA DELLA CAVITÀ ORALE: vedi Bocca.
AGORAFOBIA:
è la paura di sentirsi male, lontani da un luogo o da una persona che rappresenta la nostra sicurezza. L’agorafobico è spesso claustrofobico. Il timore si manifesta nella paura di tutto: della folla, degli ascensori, delle persone, delle gallerie, delle automobili… Molti non sanno neppure di soffrire di questa fobia. La paura più grande è quella di perdere il controllo e di impazzire. Dietro questa ansia si nasconde quasi sempre un evento traumatico la cui carica emotiva non è stata liberata, sia perché abbiamo sempre voluto sfuggirle, sia per aver voluto mantenere il controllo delle situazioni. Quando però questi due meccanismi non possono più essere utilizzati, l’agorafobia torna in superficie e subentra il senso di panico. Può essere originata da un evento in cui la persona ha temuto di morire, può essere persino legata a un parto difficile. Se il bambino ha avuto paura di morire soffocato, qualsiasi situazione da adulto che gli faccia credere di non avere abbastanza aria risveglierà questo ricordo depositato nella sua memoria emozionale e creerà la condizione di panico. Per esempio, attraversare una galleria, entrare in una grotta, non poter toccare il fondo in una piscina, in un lago o al mare.
Com’è stata la mia nascita?
Ho vissuto un evento traumatico in passato, come un abbandono quando ero piccolo, un ricovero ospedaliero che mi ha allontanato dalla mia famiglia, il morso di un cane malato di rabbia, un rischio di annegamento o un’altra situazione in cui avrei avuto molta paura di morire?2
AIDS:
è necessario distinguere la sieropositività dall’AIDS. La sieropositività è il risultato positivo ottenuto da un test di screening (di cui molti medici ed eminenti studiosi mettono in discussione la validità). Si può benissimo essere positivi a questo test in un Paese e negativi in un altro. Inoltre, diverse affezioni possono contribuire a dare un risultato erroneamente positivo. La paura, l’angoscia o le cure possono avere la meglio sul nostro sistema immunitario e portare a quella sindrome da immunodeficienza acquisita chiamata AIDS.
Non è comunque un caso che una persona si trovi a essere sieropositiva o a sviluppare questa sindrome.
→ Sieropositività:
Devo imparare a sviluppare la mia capacità di giudizio invece di credere a tutto quello che mi viene detto?
Non sarebbe meglio che ascoltassi il mio corpo invece di ascoltare il risultato di un test che molti prestigiosi ricercatori mettono in dubbio?
→ AIDS: La paura di contrarre questa malattia può comportare un crollo del sistema immunitario. Tuttavia questa sindrome può anche dipendere da una forma di autodistruzione collegata al senso di colpa di essere vivi. È intervenendo su questo senso di colpa che si può sperare in una vera guarigione.
Avevo paura di avere questa malattia?
Vivo una forma di autodistruzione perché credo di aver deluso i miei famigliari con la mia nascita o le mie scelte di vita?
Mi porto dentro un senso di colpa per il fatto di essere vivo, perché credo di aver causato la sofferenza, o preoccupazioni ai miei famigliari?
Ho veramente detto «SÌ» alla vita?
Questo «sì» alla vita è stato molto importante per Daniel. Quando l’ho incontrato i medici gli avevano dato tre mesi di vita. Daniel era in una fase di totale autodistruzione. Nell’adolescenza, divenuto consapevole di essere attratto dai ragazzi, aveva sentito i suoi genitori dire: «Gli omosessuali andrebbero messi in un campo di concentramento!» Durante un consulto Daniel mi ha detto: «Mi sono messo io in un campo di concentramento perché voglio distruggermi!» Abbiamo fatto un bellissimo lavoro sulla liberazione delle emozioni per far sì che riuscisse a concedersi il diritto di vivere un’esperienza diversa da quella prospettatagli dai genitori. Dopo quel lavoro, Daniel ha riacquistato del tutto le forze ed è guarito dalle sue pneumopatie. Non avendo però smesso le cure, dopo qualche tempo era arrivato a un punto tale di debolezza fisica da non avere più la forza di alzarsi dal letto. Allora gli sono tornate in mente le mie parole: «Tu vuoi vivere?» Con le poche forze che gli rimanevano Daniel ha urlato: «Sì, sì, voglio vivere!» Questo gli ha dato l’energia per uscire dal letto e prendersi cura di sé, ma soprattutto gli ha dato la forza di credere che poteva farcela. Daniel ha creato in seguito una fiorente azienda e oggi, diciassette anni dopo, è ancora vivo.
ALBINISMO:vedi Depigmentazione.
ALCOLISMO:
si tratta più di una dipendenza dall’alcol che del semplice fatto di bere alcolici o di ubriacarsi. La persona sente continuamente il desiderio di bere e non riesce a reprimere il bisogno di consumare alcolici. Pur di procurarsene, potrà far ricorso alla menzogna, all’inganno, al furto ecc. L’alcolista non possiede più il dominio della propria vita, è schiavo delle proprie pulsioni che lo spingono a volersi ubriacare.
Inizialmente il consumo di alcolici può servire a far dimenticare la sofferenza, ad annegare i dispiaceri, a far sparire quel mondo che ci circonda e che non riusciamo ad accettare. In seguito, l’autodistruzione a cui conduce questo abuso alimenta il rancore che nutriamo verso la persona che riteniamo responsabile della nostra sofferenza, che può essere uno dei nostri genitori, un partner o colui che ci ha abbandonato.
Possiamo anche sprofondare nell’alcolismo per senso di colpa: di vivere, di aver ferito o ucciso involontariamente qualcuno, di aver deluso una o più persone care.
Qual è l’avvenimento o la situazione che mi ha portato a voler annegare le mie emozioni nell’alcol o a volermi autodistruggere?
ALESSIA:
incapacità di riconoscere le parole scritte, con conseguenti difficoltà o impossibilità a leggere un testo. Vedi anche Dislessia.
A quale ricordo può ricondurmi la scrittura o ciò che è scritto?
È forse il ricordo di una lettera che mi ha sconvolto o di un’azione giudiziaria di cui uno dei miei cari o io stesso siamo stati oggetto?
ALGODISTROFIA:
colpisce sia gli arti superiori (spalla, mano) sia i piedi. È caratterizzata da gonfiore (edema), rigidità e dolori articolari. Può aggravarsi fino a creare problemi vasomotori e circolatori (mani fredde con difficoltà di prensione) determinando un’atrofia progressiva del muscolo della mano che assume un aspetto ad artiglio. La malattia si manifesta da sola o accompagna una periartrite o una poliartrite. Può indicare la presenza di sentimenti di impotenza e di svalutazione rispetto alla capacità di portare felicemente a termine un compito a cui si teneva molto (l’educazione di nostro figlio) o di aiutare una persona a noi vicina.
Avrei voluto trattenere con me una persona cara?
Provo la sensazione di essere incapace di trattenere coloro che amo?
Mi sento impotente nell’aiutare o ad avvicinare coloro che amo?
Mi ripeto spesso «non c’è niente che io possa fare»?
Mi sento colpevole di essermi assunto una responsabilità che ha avuto conseguenze negative per una persona cara?
ALIMENTAZIONE: vedi Anoressia, Bulimia, Perdita dell’appetito.
ALITOSI o ALITO CATTIVO:
un alito cattivo può essere indice di abuso di tabacco, di alcol, di consumo di alimenti contenenti aglio o cipolla o di una carenza di igiene del cavo orale. Inoltre, può essere caratteristico di un certo numero di affezioni, per esempio di una malattia del fegato, delle vie respiratorie (bronchi, polmoni) o del canale digerente (stomaco). Può anche esprimere collera repressa o pensieri di odio (vedi Pelle).
L’alitosi può essere collegata a un profondo senso di ingiustizia in cui ci sentiamo impotenti a cambiare le cose, ma per cui proviamo molta rabbia.
Provo collera per una situazione che considero ingiusta?
Provo collera nei confronti di una persona di fronte alla quale preferisco tacere per non parlare troppo?
Rimugino su un dispiacere, una delusione o dei rimproveri che mi vengono rivolti?
ALLERGIA:
di solito le allergie sono provocate da situazioni che non vengono accettate o che risvegliano il ricordo di emozioni dimenticate.
→ Allergia legata a qualcosa che non si riesce più a sopportare: quando si dice: «Non posso più sopportare questa situazione…» il corpo può reagire manifestando un’allergia.
Un giorno una lettrice mi scrisse per confidarmi il modo con cui era riuscita a liberarsi da un’allergia agli occhi che nessun farmaco era riuscito a guarire. Utilizzando gli strumenti della Metamedicina, si era chiesta se, tra le cose che vedeva, c’era qualcosa che la disturbava. Aveva allora preso coscienza del fatto che ciò che la disturbava erano i pezzetti di legno che il marito lasciava sul prato del giardino dopo il suo lavoro di bricolage. Ne parlò con lui che le disse: «Se sono i miei pezzetti di legno che ti danno noia, li metto a posto subito». In seguito l’allergia agli occhi era scomparsa del tutto.
→ Allergia legata a un ricordo sgradevole: un uomo allergico al glicine andò a conoscere i genitori della sua nuova compagna. Entrando nel loro salotto, dopo aver visto un mazzo di glicini su un tavolo, si sentì soffocare e il sudore iniziò a colargli sulla fronte. Sul punto di svenire, disse di essere allergico a quei fiori e la sua compagna si precipitò a gettarli via. Una volta ripresosi, spiegò che il glicine conteneva un allergene che doveva assolutamente evitare. Meravigliata, la sua compagna gli chiese: «Ma anche se si tratta di fiori di seta?» Il mazzo di fiori che aveva provocato quella forte reazione era, in effetti, di stoffa. Quando un ricordo viene risvegliato da un’immagine, un suono, un odore o dal tatto, il cervello non distingue più fra l’immagine memorizzata e quella che ha risvegliato il ricordo.
L’uomo venne in seguito a trovarmi. Quando gli chiesi cosa potesse ricordargli il glicine, mi rispose: «Assolutamente niente». Fu solo in una seduta successiva che si rammentò che nel luogo dove abitava prima che i suoi genitori si separassero, c’era in effetti un grande glicine. Un giorno in particolare – aveva circa sei anni – in cui l’arbusto era in piena fioritura, aveva assistito impotente a una scena di violenza nella quale suo padre aveva picchiato sua madre. Aveva visto il sangue uscirle dal naso. Il glicine gli ricordava quindi l’impotenza di soccorrere la mamma.
La sua crisi allergica esprimeva questo: «Io non voglio più vedere questa scena»; il senso di soffocamento: «Aiutatemi a uscire da questa scena insopportabile».
Il cervello limbico non memorizza solo l’emozione, ma tutti gli elementi che fanno parte dell’episodio.
Quando ci si trova di fronte uno di questi elementi, si viene ricondotti nella scena dolorosa o sgradevole che abbiamo vissuto.
Questo spiega anche il motivo per cui le persone che hanno subito un abuso sessuale non sopportano di essere toccate, neppure in modo amichevole. Per loro, il contatto fisico risveglia a volte inconsciamente quel ricordo e l’equazione che si è prodotta, ovvero: «Essere toccati = mancanza di rispetto».
Tuttavia non sempre si tratta di scene drammatiche, quanto piuttosto di emozioni che non sono state liberate.
Un partecipante ai miei corsi mi confidò che soffriva di pruriti quando faceva la doccia, ma non durante il bagno. Mi disse che, appena l’acqua cominciava a scorrergli sul corpo, si ritrovava alle prese con il prurito. Non ne capiva il motivo visto che, oltretutto, preferiva la doccia al bagno nella vasca. Gli chiesi quando era iniziato il problema. Mi disse che il fatto risaliva a una quindicina di anni prima, quando abitava nella casa dello studente. Aveva una piccola stanza in cui c’era la doccia ma non la vasca.
Lavorando insieme sul periodo in cui era iniziato il prurito che l’aveva portato a ritenere di essere allergico all’acqua della doccia, scoprimmo che, a quel tempo, quello che studiava all’università non gli piaceva e che aveva la sensazione di perdere tempo, ciò che lo poneva in uno stato di esasperazione. In seguito, ogni volta che si trovava a fare la doccia, veniva ricondotto inconsciamente alla sua stanzetta di studente, rievocando l’esasperazione provata allora. Aiutandolo a liberarsi da questa emozione passata, il prurito scomparve e poté così di nuovo godere del piacere di farsi una doccia.
→ Allergia ai fiori primaverili: la fioritura degli alberi in primavera può ricordare l’abbondanza dei fiori ai funerali. Ciò può spiegare perché le persone allergiche ai profumi degli alberi in fiore non hanno problemi con i fiori venduti dai fiorai.
Che cosa possono ricordarmi i fiori?
Forse mi ricordano i funerali? La morte di una persona che amavo o un avvenimento in particolare?
Una delle partecipanti ai miei corsi che soffriva di questa allergia si ricordò una scena avvenuta quando aveva circa sette anni: il padre di una sua compagna di classe era morto. Per essere di conforto alla bambina, l’insegnante aveva invitato i genitori degli alunni al funerale. I bambini camminavano dietro al carro funebre seguiti dagli adulti. La donna rivedeva nei suoi ricordi l’auto nera coperta di fiori e la bimbetta che era a quel tempo e che aveva paura. Avrebbe voluto che sua madre le tenesse la mano, ma non osava venir meno a quanto le era stato richiesto. Durante le sedute, la guidai affinché potesse andare verso la madre e dirle che aveva paura. La madre l’aveva allora presa con sé mentre gli altri continuavano a camminare, senza far caso al fatto che avesse cambiato posto. Dopo questa terapia, la donna non soffrì più di allergia ai fiori. Il ricordo sgradevole di essersi sentita obbligata a respirare il profumo delle corone funebri era stato liberato.
→ Allergia al freddo: si manifesta con edema, rossore e prurito alle mani, al viso e alle orecchie quando la persona si trova in un ambiente con una temperatura vicina a 0 ºC. L’inverno rappresenta la morte, così come la primavera la nascita. Il freddo è legato al senso di solitudine, quindi un’allergia al freddo è da mettere in relazione con questa sensazione, con la distruzione, la morte, e la cosa può riguardare una persona, così come una situazione.
Una donna soffriva di allergia al freddo. Quando aveva un anno sua madre aveva abbandonato il tetto coniugale lasciandola al marito che, a sua volta, l’aveva affidata alla nonna paterna.
L’allergia al freddo era sopraggiunta dopo la morte del marito, che aveva riattivato il ricordo della profonda solitudine legata alla partenza di sua madre.
Un’altra partecipante ai miei corsi aveva iniziato a soffrire di allergia al freddo dopo aver lasciato un uomo che minacciava di suicidarsi. Non poteva accettare di vederlo autodistruggersi, ma allo stesso tempo sapeva bene che, se continuava a stare con lui, rischiava di perdere la salute e la tranquillità.
Un’altra donna aveva cominciato a soffrire di questa allergia nel momento in cui sua madre era stata colpita dal morbo di Alzheimer.
Ho difficoltà ad accettare il degrado della salute fisica o psichica di una persona che mi è cara? Ho paura che una persona a me vicina possa suicidarsi?
Ho difficoltà ad accettare la morte di una persona che amo?
Ho vissuto un’esperienza di abbandono quando ero bambino?
→ Allergie alimentari: anche le allergie alimentari sono collegate a un ricordo. Per esempio, supponiamo che stavamo mangiando spinaci quando ci è stata comunicata la morte di nostro padre: la semplice vista degli spinaci o il loro odore può risvegliare il ricordo dell’episodio e dar luogo all’avversione.
Ci sono tuttavia molte allergie alimentari per le quali non è rintracciabile il ricordo scatenante. Può essere che questi ricordi siano legati a un’incarnazione passata.
Una donna mi raccontò che quando era molto piccola rifiutava qualunque pappa di verdure in cui ci fossero piselli. I suoi genitori erano arrivati a capirlo mostrandole le verdure separatamente. Crescendo, continuava a non poterne mangiare. Un giorno, durante un rilassamento profondo, ebbe alcune immagini di una donna inglese che faceva la domestica e che veniva maltrattata. I piselli erano il pasto dei poveri ed era quello che le davano spesso da mangiare.
→ Allergia al lattosio o ai latticini: il latte non può che ricondurci alla mamma, poiché dopo la nascita i suoi seni sono pieni di latte, fonte primaria di nutrimento.
Se l’allergia si manifesta in un neonato:
Il bambino si è sentito desiderato da sua madre?
Non avrà avuto la sensazione di sentirsi rifiutato o abbandonato?
È possibile che rifiutando il latte il bambino esprima anche un rifiuto della madre.
Se l’allergia si manifesta in un bambino:
È forse in conflitto con la madre?
Se l’allergia si manifesta in un adulto:
C’è stato un episodio che può aver risvegliato un dolore non risolto con la madre?
→ Allergia al glutine: questo tipo di intolleranza si riscontra nei soggetti affetti da celiachia, anche se ci sono molti casi di persone intolleranti al glutine che non sono celiache.
Le cause psicosomatiche sono sostanzialmente le stesse.
Il glutine è presente in numerosi prodotti alimentari, tra cui il pane. L’intolleranza a esso è spesso associata a problemi riguardanti il denaro, rappresentato appunto dal pane.
Una donna che soffriva di questa intolleranza mi raccontò che i suoi genitori litigavano continuamente a causa dei soldi. Per lei quindi il denaro equivaleva a una fonte di conflitti e tensioni. Inconsciamente, rifiutando il glutine, rifiutava il denaro. Mi disse: «In effetti, rifiutavo il denaro che sembrava essere una priorità per i miei genitori, mentre io ritenevo più importanti altri valori come, per esempio, passare bei momenti con i propri figli».
Un’altra persona che ne era affetta aveva visto sua madre costretta a vivere con un marito violento, non avendo abbastanza soldi per poterlo lasciare. A sua volta la donna si era trovata in una situazione di dipendenza finanziaria per mancanza di lavoro. La cosa che rifiutava era l’essere dipendente dai soldi.
Ho vissuto o sto vivendo dei conflitti in relazione ai soldi?
Sono in contrasto con le persone che hanno soldi?
Le mie difficoltà finanziarie sono legate a un senso di ingiustizia che mi porto dentro?
→ Allergia agli alimenti di origine animale: un amico un giorno mi chiese: «Claudia, è possibile che un neonato sia vegetariano?» Stupita dalla domanda, gli chiesi perché me lo chiedeva. Appresi così che sua figlia era allergica a tutti gli alimenti con cellule di origine animale. «Come reagisce la bambina di fronte ai cereali, al latte di soia e alla frutta?» «Ne va matta!» Non potevo esserne certa, ma ero portata a ritenere che l’anima della bambina fosse stata vegetariana prima di questa incarnazione. Inoltre, era allergica a tutto ciò che conteneva arachidi: le scimmie, a cui si danno noccioline per ammansirle, sono spesso utilizzate come cavie per la preparazione dei vaccini. Mi chiesi se quest’anima non avrebbe potuto essere in contrasto con le brutalità perpetrate ai danni degli animali. Osservando la bambina progredire nella vita, non ho potuto fare a meno di convincermene.
Sono contrario allo sfruttamento degli animali?
Sono rimasto scioccato da immagini che mostravano crudeltà inflitte ad animali?
→ Allergia al pelo degli animali: le persone con questa allergia molto spesso amano gli animali a cui sono allergiche. L’allergia ha come conseguenza quella di rievocare un ricordo triste, ciò che spiega la lacrimazione e gli starnuti che possono corrispondere al rifiuto del ricordo evocato.
Un ragazzo allergico al pelo di gatto non aveva mai messo in relazione la sua allergia con il gatto del vicino a cui era affezionato da piccolo. Gli piaceva giocarci, lo considerava un amico a cui poteva raccontare tutto. Quando cambiò casa con i suoi genitori, perse la sua amicizia e provò di conseguenza una sensazione di grande solitudine. Ogni volta che vedeva un gatto veniva quindi riportato alla perdita del suo amico d’infanzia.
Una persona, in occasione di un seminario, mi disse: «Ho capito la mia allergia ai gatti! Non ho pianto il gatto che amavo!»
Un ragazzino che soffriva di allergia ai peli di cane ne aveva avuto per anni uno a cui era stato molto affezionato. Quando i suoi genitori si erano separati, lo avevano fatto sopprimere perché né l’uno né l’altro potevano tenerlo nella nuova casa. Ogni volta che vedeva un cane, la sua tristezza per la perdita del cane e per la separazione dei genitori tornava a galla e si manifestava con la lacrimazione e gli starnuti.
Per liberarsi da questa allergia occorre sciogliere la tristezza contenuta nel ricordo che un determinato animale risveglia, ovvero ritornare a quell’episodio e consolare il bambino dicendogli che l’anima dell’animale tornerà nel corpo di un altro animale, che lui potrà amare.
A undici anni avevo preso un gattino la cui mamma era morta durante il parto e l’avevo nutrito con un biberon. Il gatto tutte le notti veniva a dormire ai miei piedi. A quattordici anni la mia famiglia aveva dovuto traslocare e siccome non potevamo portare il gatto con noi, mia madre lo aveva fatto sopprimere. Ne fui molto addolorata. Ebbi altri gatti in seguito, ma nessuno poté sostituire quello dei miei undici anni.
Un giorno, durante uno dei miei seminari, un gatto di qualche anno venne verso di me. Mi seguiva quando uscivo dalla sala e aspettava il mio ritorno. Forse era stato abbandonato dal suo padrone? Forse ne cercava uno nuovo? Non era magro, ma aveva fame. Lo nutrii e finii per adottarlo e, esattamente come il gatto dei miei undici anni, prese a dormire ai miei piedi. Ebbi l’intima sensazione che l’anima del mio gatto fosse tornata da me attraverso il nuovo «arrivato».
Quale ricordo risveglia in me questo animale?
Ho perduto un animale che amavo molto?
Può darsi che io non abbia vissuto il lutto dell’animale che amavo?
Ho mai avuto la sensazione che il gatto o il cane fossero più importanti di me?
→Allergia al risveglio:
C’era un tale che si ammalava ogni volta che tornava da sua madre, la quale ancora viveva nella casa della sua infanzia. Il solo fatto di ritrovarsi in quel luogo, richiamava a sua insaputa tristi ricordi del passato, che lo disturbavano.
Un altro soffriva di raffreddore da fieno tutte le volte che tornava l’estate: costui abitava in un appartamento nel centro di una grande città e, d’estate, quel luogo gli diventava insopportabile per la calura soffocante; avrebbe tanto voluto essere in campagna, che gli ricordava le estati della sua infanzia.
Una parrucchiera affetta dallo stesso disturbo non riusciva a capire quale fosse l’origine di questa allergia, che la tormentava da pochi anni soltanto; lavorava in un negozio situato in un centro commerciale, illuminato da luci al neon; al ritorno dell’estate avrebbe tanto voluto godersi il sole, invece di lavorare tutto il giorno senza la luce solare.
Quasi tutte le allergie sono collegate:
– a una situazione che non si accetta;
– oppure a un elemento che risveglia uno ο più ricordi tristi ο che non vogliamo.
Un ragazzo soffriva di un’allergia solamente al momento del risveglio, eppure dopo poco tornava tutto alla normalità. Quell’allergia era collegata a un emozione faticosa: per anni aveva dovuto svegliarsi con totale assenza di gioia per una situazione lavorativa precaria e discontinua, avendo dovuto scegliere un lavoro che era totalmente dissonante dalla sua voglia di creare ed esprimere arte. Ogni volta che il ragazzo si svegliava, dunque, la tristezza per la perdita dell’opportunità di potersi esprimere artisticamente tornava in superficie, manifestandosi con starnuti e lacrimazioni; è ciò che può essere chiamato “fenomeno di risonanza”.
→Allergia alla polvere o alle muffe:
Ho difficoltà ad accettare la sporcizia o la presenza di rifiuti?
Ho difficoltà ad accettare l’ambiente in cui vivo?
→ Allergia ai medicinali:
Ho vissuto un’esperienza sgradevole in uno studio medico o in un ospedale?
Per me «medicinale» è equivalente a «ospedale»?
Ho paura delle malattie o delle infezioni?
→ Allergia agli antibiotici: dopo la scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming gli antibiotici sono stati per lungo tempo considerati un rimedio miracoloso. Con il tempo sono state però scoperte proprietà che vanno ben oltre la loro funzione battericida. Per esempio, ci si è resi conto che potevano risultare attivatori della crescita, ciò che permetteva a un animale destinato alla macellazione di raggiungere più in fretta il peso voluto, procurando un grande risparmio nel caso di animali allevati industrialmente, come i polli. In Europa, il 70 per cento degli antibiotici venduti sono utilizzati per i grandi allevamenti di animali. I residui di questi farmaci vengono assorbiti quotidianamente dai consumatori di carne, con la conseguenza di favorire una sempre maggiore resistenza all’azione degli antibiotici stessi.
→Allergia ai cerotti:
Ho vissuto un’esperienza sgradevole mentre mi levavano un cerotto?
Per me cerotto equivale forse a mancanza di delicatezza, a brutalità?
→ Allergie stagionali: vedi Rinitiallergiche.
→ Allergia al sole: questa allergia si manifesta attraverso un prurito (pizzicore) simile all’orticaria.
Se l’allergia insorge quando sono in vacanza:
Mi concedo il diritto al piacere di rilassarmi o di permettermi delle vacanze?
Mi sento forse in colpa per essermi concesso delle vacanze mentre i miei cari non possono permetterselo?
Una donna mi raccontò di essere allergica al sole ma che non capiva come mai durante un soggiorno in Africa non ne avesse sofferto. Le chiesi se si fosse recata in Africa in vacanza o per lavoro. Comprese il problema quando mi diede la risposta: «Per lavoro!»
L’allergia al sole può essere molto simile ad altre malattie della pelle, come la vitiligine, il cancro della pelle o la fotofobia. Vedi malattie corrispondenti.
ALLUCE VALGO:
chiamato familiarmente «cipolla», è una deviazione verso l’esterno del primo metatarso situato tra la caviglia e il pollice. Si riscontrano molti casi di questa patologia in donne anziane che hanno avuto difficoltà ad assumere il proprio ruolo nel timore di dispiacere alle persone del loro ambiente o perché si facevano fermare dai «Che diranno gli altri?»
Può anche riguardare persone che non sanno quale sia il loro ruolo. È il caso dei bambini emigrati che non si sentono più a casa propria nel loro Paese di origine né in quello che li ha accolti.
Ho difficoltà ad assumere il mio ruolo?
Mi domando a volte qual è il mio ruolo?
Per me assumere il mio ruolo equivale a impormi, cosa che mi spinge a rimanere da una parte?
ALOPECIA: vedi Capelli.
ALOPECIA AREATA:malattia caratterizzata dalla caduta di capelli o di peli in zone circoscritte della pelle. Nella maggior parte dei casi proviene da una situazione angosciante in cui la persona si sente separata da ciò che rappresenta la sua sicurezza.
→ Alopecia universale: colpisce i capelli, le ciglia, le sopracciglia e tutti i peli del corpo. È molto spesso collegata a un profondo senso di insicurezza: «Non ho più alcuna protezione nei confronti di quello che mi attende o che devo affrontare».
L’alopecia nel bambino può risultare da un senso di insicurezza o di non protezione da parte della madre durante la gravidanza. Può anche colpire il giovane scolaro che ha paura di essere separato dalla madre o dal suo ambiente domestico. Può sentirsi un estraneo in mezzo gli altri, soprattutto se non padroneggia la lingua di insegnamento, sentendosi senza protezione.
Ho vissuto una situazione angosciante in cui mi sentivo solo, senza sostegno e incapace di farmi carico di me stesso?
Vivo un grande senso di insicurezza in relazione all’ambiente in cui progredisco?
ALZHEIMER: vedi Morbo di Alzheimer.
AMEBIASI:vedi Dissenteria.
AMENORREA: è l’assenza di mestruazioni.
→Amenorrea primaria: assenza di mestruazioni in una adolescente nell’età dello sviluppo. Quando una adolescente subisce un abuso, anche se non è ancora mestruata può temere di rimanere incinta. La paura della gravidanza può ritardare la comparsa delle mestruazioni.
Ho subito un abuso?
Se sì, ho avuto paura di rimanere incinta?
Se no, ho paura di essere donna?
→Amenorrea secondaria: arresto temporaneo o permanente delle mestruazioni.
Ho difficoltà ad accettare la mia sensibilità, la mia vulnerabilità o la mia condizione di donna?
Mi capita di pensare che preferirei essere un uomo?
Desidero forse mettere fine alla possibilità di avere figli?
AMIGDALE:vedi Tonsille.
AMNESIA:
perdita della memoria o della capacità di memorizzare informazioni. L’amnesia riguarda più sovente la memoria a lungo termine. La perdita della memoria a breve termine si riscontra piuttosto nel morbo di Alzheimer.
Che cosa desidero dimenticare o anche cancellare dalla mia memoria?
ANCHE:
rappresentano ciò su cui ci si appoggia per andare in avanti. Problemi o dolori alle anche sono spesso legati a indecisione. Ci si trova di fronte a un dilemma che fa sì che una parte di sé voglia muoversi verso una nuova situazione mentre l’altra ha paura di perdere la propria libertà o sicurezza. Il risultato è un conflitto di movimento che può colpire le anche ma anche le gambe.
→Dolore alle anche:
C’è una situazione che potrebbe avere un’influenza importante sul mio avvenire, nella quale ho paura di avanzare o di impegnarmi?
Può darsi che non mi senta pronto per quello che mi aspetta?
→ Artrosi dell’anca: vedi Artrosi.
→ Frattura dell’anca: vedi Frattura.
→ Lussazione dell’anca: vedi Lussazione.
→ Reumatismo articolare dell’anca nel bambino: colpisce soprattutto i bambini tra i nove e i dodici anni. Non è forse l’età in cui si fanno i richiami dei vaccini ai bambini?
Alcuni di loro reagiscono male alle vaccinazioni multiple, possono avere disturbi della crescita e problemi alle ossa. Quando il corpo affronta la fase di riparazione, il bambino può soffrire di forti dolori alle ossa, chiamati reumatismi articolari che possono a volte essere seguiti da osteosarcoma e/o da una fase leucemica o da una leucemia. Ma qual è il motivo per cui certi bambini sviluppano questa patologia e altri no? Il fatto è che bisogna considerare anche il terreno psicosomatico del bambino.
Il bambino ha forse paura di lasciare il mondo spensierato dell’infanzia per incamminarsi gradualmente verso quello degli adulti? Teme forse di avanzare in un mondo incerto in cui gli si parla dei pericoli che minacciano la terra (i cambiamenti climatici dovuti all’inquinamento dell’aria, l’aumento delle catastrofi naturali, le crisi finanziarie ecc.)?
→ Tendinite all’anca: vedi Tendinite.
ANCHILOSI:
perdita completa dei movimenti di un’articolazione in seguito alla distruzione delle cartilagini e alla fusione delle superfici articolari ossee.
Mi sento forse bloccato in una situazione di cui non vedo la soluzione o perché dubito delle mie capacità?
Bisogna però distinguere tra l’anchilosi come patologia e la sensazione di avere un arto o un’articolazione anchilosati.
Essere anchilosati non è forse come avere la sensazione di avere un peso da portare?
Sto vivendo, o ho vissuto, una situazione troppo pesante, troppo difficile nella quale non potevo più andare avanti al punto da sentirmi le gambe anchilosate, o nella quale non potevo più portare pesi tanto le braccia erano anchilosate?
Infine, per ciò che concerne la sensazione di sentire una parte del corpo anchilosata:
Ho paura di non essere all’altezza di quello che devo fare? (mani anchilosate)
Ho forse paura di riprendere il mio lavoro? (piedi o gambe anchilosate)
Ho paura di avere rapporti sessuali? (bacino, in particolare la zona dell’osso sacro)
ANDROPAUSA:
l’andropausa è, nell’uomo, quello che la menopausa è nella donna. Corrisponde a un periodo della vita in cui si verifica una diminuzione della produzione di ormoni maschili. I disturbi dell’andropausa possono manifestarsi attraverso un calo della libido, problemi sessuali e caratteriali che si accompagnano, talvolta, a stanchezza e a momenti di depressione.
Gli uomini che ne sono colpiti hanno sovente paura d’invecchiare, di perdere la loro potenza sessuale e il loro ascendente sugli altri. A volte hanno bisogno di dimostrare che sono ancora desiderabili o prestanti, e questo li può spingere a cercare una partner più giovane. L’abbassamento del livello delle loro prestazioni sessuali li porta talvolta alla depressione. L’uomo che scopre in sé nuove passioni raramente ne soffre.
Ho paura di invecchiare e di essere meno prestante?
ANEMIA:
diminuzione del numero dei globuli rossi contenuti nel sangue rispetto alla normale quantità presente in condizioni di buona salute. Il loro ruolo è essenzialmente quello di assicurare la respirazione dei tessuti mediante l’apporto di ossigeno. I sintomi dell’anemia sono il pallore della pelle e delle mucose, stanchezza, difficoltà respiratorie e palpitazioni al minimo sforzo.
L’anemia è spesso legata a un sentimento di solitudine o a una mancanza di interesse per la vita.
Mi sento incompreso o solo in mezzo agli altri?
Ho così poca voglia di vivere?
→ Anemia ferropriva: carenza di ferro, componente essenziale dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi. Il ferro rappresenta la forza mentre il sangue corrisponde alla vita.
Mi dico spesso «Non ho la forza di continuare…» oppure «Non ho più la forza!»?
Ho la sensazione di non riuscire ad affrontare tutte le difficoltà che incontro nella vita?
→ Anemia mediterranea: in questo tipo di anemia i globuli rossi sono più piccoli del normale.
Provo un senso di colpa di vivere al punto da godere molto poco la vita?
→ Anemia perniciosa: è la forma più comune di anemia megaloblastica in cui la mucosa gastrica si rivela incapace di produrre il Fattore Intrinseco, una sostanza che permette l’assorbimento della vitamina B12, indispensabile per la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo. L’anemia perniciosa è spesso legata a una malattia autoimmune che blocca la produzione del Fattore Intrinseco a livello dell’intestino tenue. Vedi Malattie autoimmuni.
Può darsi che io non mi ritenga degno di vivere?
ANEURISMA:
quando l’aumento della pressione del sangue dilata e distende la parete già indebolita di un’arteria si forma un aneurisma.
Mi sento forse stanco, sfinito, stufo di combattere, di dovermi forzare tanto per conservare il mio territorio, per ottenere il riconoscimento delle mie idee, dei miei bisogni o dei miei desideri?
ANGINA (del cavo orale): infiammazione dolorosa dell’istmo della gola e della faringe.
Può darsi che ci si dica: «Preferisco non dire niente piuttosto che fare storie, perché se mi lascio andare a dire quello che penso, rischio di parlare troppo». L’angina viene spesso confusa con la tonsillite. Vedi Tonsille.
Ho tenuto dentro le parole che volevo dire invece che esprimere la rabbia che provavo?
ANGINA PECTORIS:si manifesta con forti dolori al torace che si irradiano alla schiena, alle braccia, alla gola o alla mandibola ed è dovuta a un apporto insufficiente di ossigeno al miocardio durante uno sforzo fisico o in una situazione di stress. L’insufficienza di apporto di sangue al cuore è più in generale dovuta a un problema alle arterie coronarie, ma possono esserci altri fattori, quali un restringimento dell’aorta o un ritmo cardiaco troppo lento o troppo rapido.
L’angina pectoris ha sovente come causa la perdita del proprio territorio, ossia di ciò che riteniamo nostro per gli sforzi fatti per conquistarlo o realizzarlo. Può trattarsi della casa, dell’azienda, della famiglia, del rapporto di coppia, del rapporto con i figli, del lavoro, insomma di ciò a cui teniamo. La perdita può riguardare una parte del nostro spazio, così come quella del nostro partner, di uno dei nostri figli, di una collezione di opere d’arte ecc.
Ho avuto paura di perdere oppure ho perduto ciò che rappresentava il mio territorio, ciò a cui tenevo?
Ho difficoltà ad accettare questo licenziamento o questo pensionamento anticipato?
Mi sento risucchiare le energie da uno dei miei cari?
ANGIOMA:
gli angiomi possono essere congeniti o immaturi, presenti cioè già alla nascita o poco dopo. Fra questi troviamo l’angioma piano. Gli angiomi congeniti, per lo più di colore rosato, sono localizzati sulla fronte, sulle palpebre o sulla nuca e regrediscono progressivamente. Quelli di colore rosso o violaceo, localizzati soprattutto sul volto, chiamati «macchie di vino» o «voglie», tendono invece a mantenersi, scurendo con il passare degli anni.
Gli angiomi maturi derivano da un’affezione o da una malformazione artero-venosa.
Gli angiomi congeniti, detti «macchie di vino», sono per lo più legati a ferite di tipo psicologico, spesso per sentimenti di vergogna o di umiliazione.
→Angioma al viso:
Devo imparare a ignorare l’attenzione degli altri che può far nascere in me sentimenti di vergogna, di svalutazione o farmi sentire diverso?
→Angioma alla gamba: una donna con un angioma alla caviglia aveva notato che ogni volta che si trovava in situazioni in cui si sentiva prigioniera, quella parte della gamba si gonfiava e diventava violacea, causandole molta sofferenza. Non trovando alcun nesso con episodi della sua vita, le proposi di esplorare, attraverso uno stato di rilassamento profondo, ciò che la sua anima poteva aver vissuto. Durante la seduta le apparve l’immagine di una giovane donna umiliata e incatenata che veniva bruciata su un rogo. Dopo averla aiutata a sciogliere le emozioni connesse a queste immagini, la donna si liberò dai suoi sintomi dolorosi e l’angioma perse di intensità.
Ho dovuto superare un sentimento di vergogna o di umiliazione?
ANGOSCIA o ATTACCO DI PANICO:
disturbo caratterizzato da una paura intensa di perdere il controllo, di non riuscire più a gestire una situazione o di morire, accompagnato da un senso di dolorosa oppressione, da palpitazioni e stordimento.
La persona colpita non comprende sempre bene ciò che le capita, può avere la sensazione di dover agire con urgenza senza però sapere cosa fare o a chi rivolgersi. Il senso di angoscia può sopraggiungere in modo improvviso, inatteso. Può accadere prendendo l’ascensore, passando su un ponte, attraversando una galleria o di fronte a una qualsiasi situazione che procuri un grande senso di insicurezza.
L’angoscia ha spesso come causa l’affiorare in superficie di una memoria emozionale che la persona ha paura di rivivere.
Così, ogni volta che questa persona si trova in una situazione che le ricorda, anche senza esserne cosciente, l’episodio doloroso o traumatico presente nella sua memoria emozionale, entra in uno stato di panico che provoca i sintomi dell’angoscia, tra cui: difficoltà respiratorie, palpitazioni cardiache, aumento della pressione arteriosa, stordimento, accompagnati a volte da nausea, svenimento o anche paralisi.
Inconsciamente, la persona che ha vissuto un’emozione di questo tipo è convinta che se dovesse rivivere quell’evento traumatico morirebbe, ed è proprio ciò da cui cerca di fuggire. La fuga diventa un meccanismo di sopravvivenza.
A quale ricordo mi può riportare questo senso di angoscia?
– Se l’angoscia è legata alla paura di morire, ci si potrà chiedere: «Ho già avuto paura di morire?»
– Se è legata alla paura di essere abbandonati, ci si potrà chiedere: «Ho già avuto paura di essere abbandonato?»
– Se è legata alla paura di rimanere privi di risorse: «Ho già vissuto una situazione di questo genere?»
Molti ricordi sono annidati nel nostro inconscio.
Anna ha cominciato a soffrire di attacchi di panico in seguito al ricovero del fratello per un infarto al miocardio. L’angoscia la soffoca e non capisce cosa le succede. È convinta di aver accettato la malattia del fratello così come l’operazione che deve fare.
Di fatto, il trasporto in ambulanza del fratello la riporta, a livello inconsapevole, a un episodio registrato nella memoria emozionale: ha quattro anni, c’è la guerra, lei è ebrea. Portano via suo padre, che ama moltissimo, in un camion in cui sono ammassati quasi tutti i componenti della sua famiglia assieme ad altri ebrei. Vorrebbe piangere, vorrebbe gridare «papà», ma ha troppa paura e si nasconde fra la folla.
Per liberarsi dall’angoscia si può lavorare in un primo tempo sulla respirazione, poiché quella lenta e profonda ossigena il cervello, rilassa il cuore e agisce sul plesso solare che è il centro delle emozioni.
Se gli attacchi di panico si ripetono, sarà importante, con l’aiuto di un terapeuta esperto, cercare di ritrovare il ricordo (che molto spesso è stato dimenticato) a essi collegato per scioglierne la carica emotiva.3
ANO: è la parte terminale del sistema digerente. Rappresenta la fine di un processo in corso.
→Fissura anale: patologia sovente legata alla sensazione di essere «seduti fra due sedie», di sentirsi lacerati nella scelta tra due possibilità. Per esempio: vivo con una persona ma mi piacerebbe stare con un’altra.
Mi sento diviso fra due situazioni nell’attesa che una delle due si concretizzi?
→ Fistola anale o ascesso: vedi anche Fistola.
C’è una situazione che riguarda la fine di un processo in corso che mi procura rabbia perché le cose non si concludono come vorrei?
Provo rabbia perché non riesco a vedere la fine di una situazione problematica?
→ Prurito anale: può dipendere dalla difficoltà di lasciar andare qualcosa che consideriamo parte di noi stessi, una cosa o una persona da cui non riusciamo a staccarci. Può trattarsi di un’azienda, della casa, di un figlio, del padre, della madre o di un parente anziano.
Quando il bambino è piccolo e usa il vasetto per la prima volta, gli sembra strano di «gettare via» le feci perché è abituato alla sensazione che siano parte di lui. Allora gli si dice: «Su, dì ciao ciao alla cacchina!» Diventati adulti, la relazione con questa parte del corpo che dobbiamo lasciare andare è stata dimenticata. Ma nel momento in cui ci troviamo in una situazione nella quale non riusciamo a staccarci da una cosa che consideriamo essere parte di noi, veniamo ricondotti alle nostre prime esperienze anali.
Una ragazza soffriva di prurito anale. Inizialmente il medico che l’aveva visitata aveva pensato alla presenza di parassiti, ma gli esami avevano in seguito dato esito negativo. Il padre della ragazza in quel periodo doveva assentarsi per motivi di lavoro e la madre notò che i problemi della figlia corrispondevano alle assenze del marito.
Una delle partecipanti ai miei seminari che soffriva di prurito anale era molto attaccata ai genitori che avevano più di ottant’anni, e temeva il momento della loro morte. Non poteva accettare di doverli lasciare. Bastava che uno dei due si ammalasse perché i suoi pruriti aumentassero.
Che cosa mi preoccupa di ciò da cui mi devo staccare?
Faccio fatica a lasciar andare quella che considero una parte di me stesso?
Per guarirne bisogna imparare a distaccarsi, lasciar andare. Per sapere come, vedi Allergie.
→Polipo anale:
Mi sono forse sentito incastrato in una situazione di cui non vedevo la fine?
Una partecipante ai seminari mi interrogò a proposito di questo disturbo che le rendeva difficile l’evacuazione intestinale. Le domandai se per caso non si trovava in una situazione da cui voleva fuggire per il fatto di non vederne la fine. Mi raccontò allora di sua madre che seguiva dei trattamenti di chemioterapia per un cancro alle ossa. Non ce la faceva più ad assisterla e a vederla soffrire così tanto e pensava: «Che guarisca o che muoia, non ce la faccio più a vederla soffrire».
ANORESSIA:
con questo termine si indica una perdita dell’appetito, che può essere temporanea – legata a preoccupazioni di ordine emotivo, o per una malattia – o invece permanente. In quest’ultimo caso si parla piuttosto di anoressia mentale o nervosa, anche se si continua a usare la sola parola «anoressia». La malattia può avere origini diverse, anche se quella di tipo mentale o nervosa, in cui la persona non ha mai fame o mangia senza appetito, esprime una perdita del gusto per la vita. La vita, così come il nutrimento, non interessano più o molto poco.
Ecco alcune cause legate a ciò che chiamiamo anoressia:
– Può essere la paura di ingrassare, di non corrispondere al modello che ci viene dal nostro gruppo di amici.
Sono ossessionata dall’idea di ingrassare?
– Può essere la paura di sentirsi in colpa per quello che si prende, di conseguenza si cerca di prendere il meno possibile.
Anabelle è anoressica. Suo padre continua a dire ai figli: «Mi mangiate tutti i risparmi…» Per Anabelle, l’idea di mangiare equivale all’essere un peso per le economie del padre. Prende quindi il minimo possibile, per lasciare il resto a lui.
Ho paura di prendere troppo spazio o di essere motivo di spese eccessive per gli altri?
– Può essere un bisogno di controllo. Esercitando questa forma di dominio sul proprio corpo, l’anoressico ha l’impressione di poter gestire la propria esistenza e di non lasciarla in mano agli altri.
Nell’intenzione di essere dei buoni educatori, i genitori di Jasmine non si rendono conto del controllo che esercitano sulla vita della figlia. Jasmine pensa: «La sola cosa su cui posso avere il controllo è l’alimentazione, sono io che controllo quello che do al mio corpo».
Sento il bisogno di mettere alla prova i limiti del mio corpo, per provare a me stessa di possedere il controllo della mia esistenza?
– Infine, l’anoressia può essere il segnale di una mancanza di speranza o di gioia di vivere. Ci si può sentire soli, incompresi, abbandonati da coloro che amiamo.
Mi sono sentito rifiutato, incompreso, poco amato, al punto da non aver più fiducia nella vita e di non trovare più ragioni per vivere?
ANORGASMIA:
incapacità o grande difficoltà a raggiungere l’orgasmo. Sembra che in un momento o l’altro della vita il 30 per cento delle donne soffra di questo disturbo sessuale. Nelle donne ai primi rapporti può dipendere dalla mancanza di esperienza dell’atto sessuale o da ansia da prestazione, mentre in quelle che non sono alle loro prime relazioni può essere legata a una difficoltà o alla paura di abbandonarsi al partner. Ciò riguarda soprattutto le donne che che hanno subito un abuso o che hanno avuto molta paura di una figura maschile, spesso il padre.
Una delle partecipanti ai miei seminari non riusciva ad abbandonarsi al suo compagno nonostante lo amasse molto. Lui stesso le faceva notare che era sempre un po’ rigida nei loro rapporti. In terapia mi raccontò che quando era bambina suo padre aveva un atteggiamento iperprotettivo: «Mi sentivo in prigione, tanto limitava la mia libertà. Non potevo allontanarmi da casa per andare a giocare con le mie amiche…» Nella relazione di coppia, una semplice aspettativa del marito corrispondeva per lei a una limitazione della sua libertà. La rigidità era originata dalla paura di perdere la libertà, ed era la causa che le impediva di lasciarsi andare.
Sebbene l’anorgasmia sia più rara negli uomini, nelle relazioni omo- o eterosessuali può esprimersi attraverso una compensazione, ovvero l’uomo raggiunge l’orgasmo solo attraverso la masturbazione o a un rapporto orale. Come ci sono donne che non riescono ad abbandonarsi a un uomo, allo stesso modo ci sono uomini che non riescono a lasciarsi andare con una donna, poiché per loro vale l’equazione «donna = pericolo». Riuscire ad abbandonarsi all’altro implica infatti sentirsi al sicuro.
– Se sono una donna:
Avevo paura di mio padre o di un uomo che aveva autorità su di me quando ero bambina? Un fratello maggiore può assumere il ruolo di padre.
Ho subito violenze o abusi da parte di un uomo?
Ho paura di perdere la mia libertà, di ritrovarmi in una gabbia dorata?
– Se sono un uomo:
Avevo paura di mia madre o di mia nonna quando ero piccolo?
Ho subito violenza da parte di una donna?
ANOSMIA:vedi Perdita dell’odorato.
ANSIA:
si tratta di un problema non facilmente circoscrivibile, dovuto alla sensazione di un potenziale pericolo. Per esempio: nostro figlio è in viaggio, doveva telefonarci all’arrivo ma non abbiamo ancora notizie, oppure fuori c’è una tempesta e un nostro famigliare non è rientrato. Ci si può sentire inadeguati o incapaci di agire, e ne consegue l’agitazione interiore.
Questo stato può essere temporaneo: una volta rassicurati, l’ansia scompare. Per esempio, finalmente nostro figlio ci chiama o il nostro famigliare rientra a casa. Ci si sente sollevati.
Quando invece l’ansia perdura, può dar luogo a uno stato di angoscia (vedi Angoscia o attacco di panico) o a forme di nevrosi ossessive (vedi Nevrosi in Malattie mentali).
L’ansia può essere legata a molte paure. Ecco qualche esempio:
• La paura dell’ignoto, di ciò che non si conosce, può farci sentire in ansia di fronte a un’esperienza nuova con la quale siamo confrontati (prendere l’aereo, lasciare o perdere un impiego, sposarsi, separarsi ecc.).
• La paura della mancanza, della scarsità, può creare uno stato di ansia per una perdita di guadagno, di rimborsi da fare o di investimenti che perdono valore.
• La paura della morte può far stare in ansia per la malattia.
• La paura di compiere errori può far stare in ansia per una scelta o una decisione da prendere.
• La paura di essere messi in ridicolo può spingere a uno stato di ansia se si deve prendere la parola di fronte agli altri.
Le paure della mancanza, degli errori o di essere messi in ridicolo affondano molto spesso le radici in esperienze vissute in età infantile. Per liberarsene è importante ritrovare la situazione esperita per rassicurare il bambino che siamo stati.
Di che cosa ho paura?
Come potrei dominare la paura?
Per uscire da questo stato è fondamentale cercare una soluzione che ci rassicuri o che ci permetta di allentare il controllo che vorremmo avere sulla situazione che ci destabilizza.
Un esempio: mentre mi trovavo all’estero ricevetti una mail di mio figlio contenente propositi disperati. Sapevo che stava attraversando una crisi esistenziale per cui non vedeva più la ragione di continuare a vivere. Tentai di telefonargli ma non mi rispose. Avevo molta paura che si suicidasse e allo stesso tempo mi sentivo impotente a fare qualcosa per impedirlo. Andai a letto, il cuore mi batteva molto forte, mi sentivo opprimere, incapace di dormire. La mia ansia si trasformò in angoscia. Mi rivolsi sia alle mie guide interiori che a quelle di mio figlio, lo affidai a loro dicendo: «Aiutatelo, io non sono in grado di farlo!» e aggiunsi: «Se è ciò che deve sperimentare nella sua evoluzione, va bene, lo accetto!»
Il mio stato di ansia si allentò e mi addormentai. Mio figlio non si suicidò e in seguito mi fu data l’opportunità di aiutarlo.
ANTRACE:
malattia infettiva che si manifesta con la lesione infettiva dell’apparato ghiandolare pilosebaceo causata da spore di stafilococco (stafilococco aureo con spore a grappolo), caratterizzata da un agglomerato di foruncoli o foruncolosi. Vedi Foruncoli.
Sulla superficie della pelle abbiamo dei germi, chiamati saprofiti, gli Staphylococcus epidermidis o stafilococchi bianchi, con riferimento al loro colore in un terreno di coltura.
Il ruolo principale dei germi è quello di trasformare le sostanze. Gli Staphylococcus epidermidis sono responsabili dell’eliminazione delle cellule morte: grazie al loro lavoro di disgregazione siamo in grado di liberare la pelle dalle cellule morte quando ci laviamo.
Avevo, non a caso, presentato un lavoro sullo stafilococco aureo – La lisotipia attraverso i batteriofagi per lo stafilococco aureo – trentacinque anni fa. A quell’epoca, in base a quello che avevo appreso, credevo che ci fossero portatori sani di stafilococco aureo che potevano infettare coloro con i quali entravano in contatto. Per esempio, un’infermiera poteva contaminare i pazienti in una sala operatoria o in una nursery. Il mio lavoro di ricerca aveva lo scopo di identificare portatori sani del batterio all’interno delle strutture ospedaliere, in modo da poter fare un lavoro di prevenzione sui pazienti, in particolare quelli operati e i neonati.
Oggi, dopo dieci anni di lavoro in microbiologia medica e venticinque di ricerche in psicosomatica, ho un approccio completamente diverso. Credo che sia piuttosto la modificazione dell’ambiente (fisico, emotivo, psicologico) a trasformare lo Staphylococcus epidermidis in stafilococco aureo. Non è che un’ipotesi, che si riallaccia anche al polimorfismo cellulare del dottor Antoine Béchamp. I suoi lavori furono purtroppo dimenticati a favore di quelli di Louis Pasteur, che poté beneficiare di importanti appoggi politici e finanziari per sostenere le proprie ricerche. Vedi Infezione.
L’antrace non sarebbe stato così noto se non fosse stato confuso con lo stesso termine che designa invece la «malattia del carbone» o carbonchio, generata dal Bacillus anthracis, e se non avesse avuto una diffusione mediatica in seguito agli eventi dell’11 settembre 2001. Quest’ultima era considerata un’arma batteriologica potenziale già dalla fine della seconda guerra mondiale. È stata forse riportata in auge per creare una maggiore paura nei confronti del terrorismo e giustificare così l’impegno militare?
ANURIA:
blocco totale della produzione di urina da parte dei reni. È la forma acuta di una oliguria (diminuzione della quantità fisiologica di urina prodotta dai reni). Nell’uomo possono esserne causa una stenosi uretrale, un calcolo vescicale, una prostatite o un adenoma della prostata. Nella donna può essere collaterale a un fibroma dell’utero. In assenza di cause fisiche, può esprimere una reazione di chiusura rispetto al posto che speravamo di occupare in ambito famigliare o professionale.
È possibile che io non voglia più il posto che ho tanto desiderato?
AORTA:
è l’arteria principale che si origina dal ventricolo sinistro del cuore con la funzione di portare il sangue ossigenato fino alle diramazioni arteriose periferiche, con esclusione delle arterie polmonari, che lo ricevono dalla via venosa. Il prolungamento dell’aorta nell’addome prende il nome di aorta addominale.
L’aorta rappresenta la madre-nutrice poiché da lei e dalle sue diramazioni periferiche dipende il nutrimento degli organi.
→ Aneurisma dell’aorta: vedi Aneurisma.
→ Aortite: infiammazione della parete dell’aorta.
Mi sono sentito disilluso e indignato perché, malgrado tutti gli sforzi fatti, devo dichiarare bancarotta o ammettere che ho fallito?
→ Rottura dell’aorta:
Può essere che non voglia più ricevere niente da una persona, da un gruppo o da un’azienda che mi ha ferito, o che ha cercato di prevaricarmi o di avere potere su di me?
Ho voluto staccarmi da un legame di dipendenza?
→Ostruzione dell’aorta addominale:
Vorrei mettere un freno a una relazione di dipendenza affettiva, finanziaria o professionale?
APATIA o DIMINUZIONE PATOLOGICA DELL’EMOTIVITÀ:
perdita delle motivazioni e indifferenza emotiva associate a stati psicopatici e schizofrenici. L’indifferenza affettiva, assieme a un aumento dell’analisi logica, contribuisce alla tipica formazione del carattere paranoico.
Ho avuto profonde delusioni che mi hanno portato a non credere più a niente e a nessuno?
APNEA DEL SONNO:vedi Sonno (disturbi del).
APPENDICE:l’appendice è il vicolo cieco dell’intestino. Rappresenta un’impasse, una strada senza uscita.
APPENDICITE: infiammazione dell’appendice. Spesso è legata a uno stato di profonda rabbia derivante dal sentirsi in un vicolo cieco, situazione che può far riemergere il ricordo dell’imposizione da parte di un genitore violento o autoritario alla cui volontà non si poteva fare altro che sottomettersi.
Mi sono forse ritrovato in un vicolo cieco che ha fatto sorgere in me un forte senso di ribellione contro le imposizioni di una persona?
Qualcuno ha forse risvegliato, attraverso le sue azioni, una grande rabbia che trattenevo?
Attraverso il suo modo di agire, una persona avrà risvegliato in me una grande rabbia che covavo dentro? Rabbia per essere stato schiacciato, dominato e forse sconfitto?
Un mio compagno aveva avuto grossi problemi con la figura di un padre molto autoritario. Per non comportarsi come lui, non imponeva mai niente a nessuno, aveva un carattere dolce e comprensivo, ma anche molto irresponsabile. Siccome non imponeva niente, non imponeva nulla nemmeno a se stesso. Qualunque responsabilità (come dover pagare delle fatture) era vissuta come un’imposizione. Una volta, mentre stavamo preparandoci a partire per il fine settimana, gli feci osservare che la camicia che indossava non era la più adeguata alla situazione. Gli proposi di mettersene un’altra. Non solo non la cambiò ma, oltretutto, dimenticò la valigia e fu così costretto a indossarla per tutto il fine settimana.
Una persona che ha dentro di sé un simile dolore reagirà in modo violento a una semplice proposta o a un suggerimento. Per esempio, se gli si dice che ci farebbe piacere che facesse una data cosa, penserà che si voglia che la faccia immediatamente e reagirà facendo resistenza. Per queste persone, «proposta = imposizione».
Nel corso di quel fine settimana gli ho senz’altro detto altre cose che lui ha vissuto come imposizioni. Siccome tenevo un seminario e avevo bisogno dell’auto per rientrare, lui non poteva andare via. Ha sicuramente avuto la sensazione di essere in un vicolo cieco poiché, prima del nostro ritorno, ha avuto una crisi di appendicite.
Vedi la storia di François alla voce Peritonite.
APPETITO:
è la sensazione di avere fame. Il mio compagno amava molto ripetere la frase che sentiva sempre dai suoi genitori: «Quando se ne va l’appetito, se ne va tutto».
Mangiare, come respirare, rappresenta la volontà di far entrare la vita in noi, quindi quel modo di dire non può che essere giusto.
Quando ci si trova in una condizione di grande stress si può avere meno appetito. Nel momento in cui si trova una soluzione a quella data situazione e ci si libera della tensione, si può osservare un aumento dell’appetito. Questo indica che siamo in una attivazione del sistema parasimpatico, ovvero nella fase di recupero o di riparazione. Non occorre quindi spaventarsi, i problemi sopraggiungono solo quando si ha la perdita totale o un eccesso di appetito. Vedi Perdita dell’appetito, Anoressia, Bulimia.
ARITMIA:
disturbo del ritmo cardiaco che consiste in un’irregolarità delle contrazioni del cuore. È molto spesso legata a traumi del passato che non sono stati sciolti e che tornano in superficie. Se l’aritmia si manifesta durante il giorno, significa che un elemento scatenante (che ci è apparso privo di importanza) è entrato in risonanza con una forte emozione nella quale ci siamo bloccati. Se si verifica di notte, allora l’evento traumatico è nascosto nel nostro inconscio e sta cercando di tornare in superficie.
Sono bloccato in una situazione traumatica del mio passato?
ARNOLDITE o NEVRALGIA DI ARNOLD:vedi Nevralgia.
ARTERIE:
le arterie sono vasi sanguigni che trasportano il sangue dal cuore ai tessuti. Si possono distinguere:
Aorta: esce dal ventricolo sinistro del cuore, con le sue ramificazioni porta il sangue ossigenato in tutto il corpo, a eccezione dei polmoni. Questa circolazione corrisponde a quello che viene chiamato circolo arterioso sistemico. Vedi Aorta.
Arterie polmonari: sebbene si chiamino arterie, non appartengono alla circolazione sistemica (arteriosa) poiché contengono sangue povero di ossigeno che veicolano dal ventricolo destro del cuore ai polmoni. Formano un sistema di bassa pressione e hanno le pareti più sottili. Si chiamano «arterie» poiché si considera che l’arteria porta il sangue dal cuore ai tessuti, mentre le vene lo portano dai tessuti al cuore. Questo vale anche per le arterie polmonari che trasportano il sangue ai polmoni, per quanto povero di ossigeno.
Carotidi: sono le principali arterie del collo e della testa. Potremmo dire che costituiscono il sistema arterioso periferico della testa, poiché vi è un’arteria destra e una sinistra, che a loro volta si dividono in carotide interna ed esterna. La carotide comune sinistra nasce dall’aorta e sale lungo il collo, a sinistra della trachea. La carotide comune destra segue un percorso simile sul lato destro del collo, ma nasce dal tronco arterioso brachiocefalico. Le carotidi portano sangue ossigenato ai tessuti del collo e della testa.
Coronarie: portano il sangue ricco di ossigeno al cuore per nutrirne i tessuti e le cellule.
Le arterie distribuiscono l’energia, la vita alle cellule attraverso l’ossigeno e le sostanze nutritive che contengono. Rappresentano ciò che diamo o riceviamo dagli altri per mantenere o conservare ciò a cui si tiene. Può essere un rapporto di coppia, l’unità famigliare, il reddito proveniente da un’azienda, la propria casa, un figlio. Di conseguenza un problema a livello delle arterie (a eccezione di quelle polmonari che portano sangue povero di ossigeno) riguarderà le nostre aspettative nei confronti della vita e del nostro ambiente. Vedi Circolazione sanguigna.
ARTERIOSCLEROSI e ATEROSCLEROSI:
il termine «sclerosi» indica la degenerazione fibrosa di un tessuto o di un organo. L’arteriosclerosi è caratterizzata da una perdita di elasticità, dall’ispessimento e dall’indurimento delle pareti arteriose. È spesso associata a depositi di lipidi (colesterolo) sulle pareti interne delle arterie.
Le tensioni emotive che provocano l’ipertensione arteriosa possono danneggiare le pareti arteriose. Il corpo reagisce aumentando il livello di colesterolo per riparare le lesioni createsi. Se i momenti di tensione (interni o esterni) sono troppo frequenti, il processo di riparazione viene sollecitato in misura sempre maggiore creando depositi di colesterolo che contribuiscono alla formazione di placche ateromatose.
L’aterosclerosi è un problema di arteriosclerosi aggravato dalla presenza di placche ateromatose. Colpisce soprattutto le arterie del cuore (ateroma coronarico), l’aorta (aterosclerosi aortica), i vasi sanguigni degli arti inferiori (arterite degli arti inferiori), le arterie dei reni e dell’encefalo.
Considero la vita una lotta?
Trattengo rimpianti che mi fanno soffrire?
Come potrei liberarmi dalle emozioni che mi impediscono di godere pienamente della vita?
ARTERITE:
lesione infiammatoria o degenerativa delle arterie creata da una tensione emotiva molto forte o continua, legata a salvaguardare ciò a cui teniamo (può essere la casa, l’azienda, l’impiego, un congiunto, un bambino o anche la nostra libertà). Le lesioni possono a loro volta provocare un’aneurisma (dilatazione e assottigliamento della parete arteriosa), una rottura (indebolimento della parete) o una trombosi (riduzione dello spazio nel vaso sanguigno con conseguente cattiva vascolarizzazione).
Esistono forme di arterite di natura immunitaria che si ritrovano nel lupus eritomatoso o anche nel morbo di Buerger. Vedi Malattie autoimmuni.
Ho profuso una grande energia nel difendere o conservare ciò a cui tenevo?
Provo delusione, rabbia o scoraggiamento perché non ci riesco?
ARTICOLAZIONI:
un’articolazione è un insieme di elementi attraverso cui due o più ossa si uniscono fra loro. Le articolazioni permettono al corpo di muoversi; senza di esse, saremmo immobili come un albero. Rappresentano dunque il movimento e la flessibilità.
Un dolore in un certo punto di un’articolazione riguarderà quindi ciò che dobbiamo compiere con l’organo in questione. Per esempio, le azioni che facciamo con le mani e le braccia grazie alle spalle, ai gomiti, ai polsi e alle dita, riguarderanno, nella maggior parte dei casi, il nostro lavoro, ciò che svolgiamo manualmente. Invece le anche, le ginocchia, le caviglie e le dita dei piedi riguarderanno le azioni che compiamo per avanzare nella vita.
Così, se non siamo abbastanza flessibili in quello che dobbiamo fare, possiamo avere dolori ai gomiti o alle mani.
Se esigiamo da noi stessi la perfezione e ci svalutiamo per dettagli in ciò che facciamo, potremmo avere conseguenze alle dita.
La mancanza di flessibilità verso se stessi può anche riguardare ciò che ci si impone, e in questo caso saranno le ginocchia a soffrirne.
Se non siamo abbastanza flessibili rispetto a un cambiamento di direzione o se ci svalutiamo per la direzione presa, il dolore sarà sentito maggiormente a livello delle caviglie.
→ Dolore alle articolazioni:
Sono forse esigente verso me stesso e verso gli altri?
Ho la tendenza a criticarmi e a svalutarmi?
Ho paura della critica o del giudizio degli altri?
Chiedo forse a me stesso di essere perfetto o mi aspetto questo dai miei cari?
→ Articolazioni che scrocchiano: vedi Sinoviale.
ARTRITE:
nome usato per indicare diversi tipi di problemi alle articolazioni come rossori, calori, dolori, gonfiori, rigidità che caratterizzano fenomeni di infiammazione acuta o cronica di un’articolazione. Può essere locale e riguardare una sola articolazione, oppure generale e riguardare più articolazioni.
→ Artrite reumatoide nell’adulto: è spesso legata a forme di rigidità mentale, per il fatto di non accettarsi o di essere troppo esigenti verso se stessi o verso gli altri. La mancanza di comprensione o di tolleranza verso se stessi o gli altri spinge la persona a svalutarsi e a essere critica nei confronti di coloro che la circondano.
Ho la tendenza a criticarmi?
Ho la tendenza a paragonarmi agli altri e a svalutarmi?
Tendo a essere critico o a nutrire risentimento nei confronti dei miei cari?
Gisèle soffriva di artrite reumatoide al collo e alla schiena. Era una casalinga e, per non sentirsi in colpa per il fatto di stare a casa, si sentiva obbligata a fare tutto da sola, ciò che la faceva sentire una serva. Ogni volta che uno dei figli l’andava a trovare, riprendeva il suo ruolo per sentirsi amata.
Durante una visita del figlio, Gisèle non gli preparò i manicaretti che lui aveva l’abitudine di portarsi a casa. Il figlio le disse: «Diventi avara invecchiando». La cosa la ferì profondamente. Pensò: «Dopo tutto quello che ho fatto in questi anni, ecco come mi ringraziano. Sarei una tirchia, io che non ho mai pensato a me stessa».
Il risentimento che nutriva nei confronti della famiglia sentendosi la serva di casa, si accrebbe dopo questo episodio e prese forma in un’artrite reumatoide alle articolazioni del collo e della schiena.
Quando ho incontrato Gisèle, era malata da più di due anni. Le chiesi chi l’avesse costretta a servire la famiglia in quel modo. Mi rispose: «Io stessa. Molto spesso mio marito mi ha suggerito di assumere un aiuto, ma avevo paura di passare per pigra».
Così si imponeva di fare ogni cosa, biasimando però la propria famiglia. Le dissi: «Come avresti reagito se tuo figlio ti avesse detto: ‘Mamma, tu che mi prepari sempre dei buoni manicaretti da portare via, non capisco perché questa volta non mi hai preparato niente. Stai diventando avara con l’età?’» Mi rispose: «Avrei capito che era stupito dal mio comportamento così diverso e che si stava interrogando sul mio modo di agire». Era esattamente questo, Gisèle lo comprese e si liberò dall’emozione in cui era rimasta bloccata. Imparò a fare le cose per il proprio piacere e non per non sentirsi colpevole o per comprare l’amore dei suoi cari. Accettò l’idea di assumere un aiuto domestico per concedersi del tempo libero e guarì dall’artrite.
→ Artrite reumatoide giovanile: vedi Reumatismo articolare acuto.
→ Poliartrite reumatoide: infiammazione delle articolazioni spesso grave che colpisce più articolazioni e che può comportare la deformazione delle articolazioni delle mani. Sovente è legata a un profondo senso di colpa o a una svalutazione generale della propria persona.
Sono portato a paragonarmi agli altri e a ripetermi che non ce la farò mai a essere così intelligente o così competente?
Mi sono forse sentito incapace di aiutare uno dei miei cari che soffriva?
Mi sono assunto una responsabilità che mi ha fatto sentire in colpa e di cui mi sono molto pentito in seguito?
Denise è la primogenita in famiglia. È stata lei a occuparsi dei fratelli e delle sorelle dopo la morte della madre. Per questo loro hanno preso l’abitudine di contare su di lei per le decisioni che riguardano la famiglia. Un giorno un fratello ebbe un grave incidente con l’auto e andò in coma. I medici dissero che aveva subito gravi lesioni cerebrali, probabilmente irreversibili, e che non era più in grado di respirare, se non artificialmente. Chiesero quindi di scegliere se mantenerlo in vita artificialmente o staccare la macchina.
La famiglia lasciò la decisione a Denise, che però non sapeva cosa fare temendo di non prendere quella giusta. Ripensò a ciò che i medici avevano detto: non vi erano praticamente possibilità di guarigione, ma forti probabilità di conseguenze invalidanti se il fratello fosse uscito dal coma. Pensando a lui, e non volendo prolungare le sue sofferenze, accettò, a nome di tutta la famiglia, che fosse staccata la spina della macchina che lo teneva in vita. Tuttavia, quando le dissero che era deceduto, fu assalita dai dubbi e pensò che forse con la sua decisione lo aveva ucciso. Rimpianse di aver fatto quella scelta. Si disse che avrebbe dovuto aspettare prima di accettare che staccassero la spina. I dubbi, i rimpianti, il senso di colpa si impadronirono di lei. In poco tempo vide le sue mani gonfiarsi e deformarsi.
→ Artrite gottosa o gotta: malattia caratterizzata dall’aumento della quantità di acido urico nell’organismo che causa dolori articolari intensi, che spesso cominciano nell’alluce del piede ma che possono colpire anche mani, ginocchia e, più raramente, spalle, gomiti, polsi e caviglie.
I dolori iniziano in modo insidioso e aumentano di solito durante la notte, per poi attenuarsi il mattino.
Non si deve confondere la crisi di gotta con la malattia. Una crisi acuta può sopravvenire e sparire durante qualche giorno, mese, anno o non più riapparire.
La malattia, invece, è cronica ed è causata da un eccesso di residui di urati nei tessuti. Chiaramente, se i sintomi non vengono riconosciuti e compresi, le crisi possono evolvere verso la malattia e le sue complicazioni. Colpisce soprattutto le persone sopra i cinquant’anni, mentre le crisi di gotta possono venire a persone di tutte le età, compresi gli adolescenti.
→ Crisi di gotta: la crisi di gotta corrisponde a un’esplosione emotiva, a un «troppo pieno» che vuole dire: «State esagerando!» «Avete superato i limiti della mia sopportazione!»
È la goccia che fa traboccare il vaso. Non si riesce più a dominare la rabbia, la frustrazione che si ha dentro. Cerchiamo di contenerla ma tutto il nostro organismo ne è pervaso.
Questa esplosione, straripamento, si traduce in un aumento improvviso di acido urico nei tessuti, la nostra sudorazione ne è impregnata e le nostre urine ne sono colorate.
Ma cos’è che ci ha causato questa esplosione emotiva?
All’origine può esserci la paura di perdere, di essere abbandonati, di essere sfruttati, usati. Per rassicurarci adottiamo comportamenti iperprotettivi nei confronti delle persone che amiamo. Si può essere spinti a esagerare per poterci sentire amati, dimenticando il rispetto per noi stessi. Quando ci rendiamo conto che queste persone non tengono conto di noi, che non ci rispettano o che non ci prendono in considerazione, esplodiamo.
→ Crisi di gotta all’alluce del piede: l’alluce rappresenta la personalità, l’ego.
È importante per me essere riconosciuto, sentire che ho valore, che sono importante per gli altri?
Tendo a dire o a credere che nessuno mi prende in considerazione o che è ingiusto?
Prima che mi venisse questa crisi, ho forse vissuto una situazione in cui non mi sono sentito rispettato, considerato, se non addirittura escluso, rifiutato o anche usato?
Ho pensato di essere stato uno stupido a crederci ed essere imbrogliato?
Forse mi aspettavo che mi dessero il posto dopo che avevo dato il meglio di me, invece di sentirmi dire che non c’era più bisogno del mio aiuto?
Può darsi che abbia covato una grande rabbia perché non mi sono sentito rispettato da uno dei miei vicino o dai colleghi di lavoro?
Può essere che mi senta molto frustrato per il fatto di non sentirmi integrato nella mia relazione di coppia, nelle mie relazioni famigliari o nella mia bella famiglia?
→ Crisi di gotta alle mani: le mani servono a eseguire gli ordini.
Mi sono arrabbiato per aver perso il dominio di me stesso, imponendo agli altri ciò che io volevo che facessero?
Ho la sensazione che non si rispetti quello che faccio?
Ho vissuto una grande frustrazione per il fatto che non sia stato fatto correttamente ciò che avevo richiesto?
→Crisi di gotta alle ginocchia:
Ho voluto imporre le mie idee per farmi rispettare, perché sono convinto di aver ragione?
Mi impongo forse delle cose che non mi corrispondono e che mi inducono a ribellarmi ai miei cari che non riconoscono quello che faccio per loro?
→ Malattia della gotta: la malattia aggredisce il nostro organismo quando non riusciamo a uscire da una situazione che ci mantiene in uno stato di frustrazione e di cui non vediamo la soluzione. Stringiamo i denti per evitare di esplodere e, quando lo facciamo, ci arrabbiamo con noi stessi per aver perso il controllo. Infatti, spesso è così che si svolge la nostra vita, tra il controllo di se stessi e il controllo che imponiamo a coloro che ci circondano.
Questo controllo ha lo scopo di proteggerci dal dolore, dalle delusioni e dalle sofferenze. Ci risulta difficile esprimere ciò che sentiamo. Vogliamo sembrare forti, mostrare di avere le situazioni sotto controllo, ma in verità siamo molto sensibili e non sappiamo come gestire questa nostra sensibilità poiché temiamo di essere manipolati o usati.
Accade spesso che una persona che soffre di gotta sia cresciuta in un ambiente in cui le veniva continuamente chiesto di rinunciare a se stessa: «Fallo per la tua mamma malata!» le veniva detto, mentre lei avrebbe avuto voglia di uscire coi suoi amici.
L’esplosione può derivare dall’esigenza di avere una propria collocazione, dal diritto di esistere, di essere presi in considerazione, di avere valore agli occhi degli altri.
Tendo a reagire violentemente quando una cosa mi sembra ingiusta o quando mi sento ignorato, escluso, non considerato o rispettato?
Tendo a reagire bruscamente quando si va oltre ciò che avevo domandato o ciò che considero aver diritto di aspettarmi?
Per guarire, la persona che soffre di gotta o di crisi ripetute di gotta deve imparare a esprimere quello che prova prima di arrivare a un «troppo pieno» emotivo. Imparare a rispettarsi, ad allentare la presa, ad accettare il fatto che le cose non vanno sempre come ci si augura e infine ad aver più fiducia negli altri e nella vita.
→ Artriti infettive: le artriti settiche colpiscono generalmente una sola articolazione, spesso importante, come il ginocchio o l’anca.
Questa forma di artrite può essere legata al fatto di essersi sentiti sminuiti o non rispettati da una persona autoritaria, di fronte alla quale adottiamo esteriormente un atteggiamento sottomesso, che dentro di noi provoca rabbia e senso di ribellione.
Mi sono forse sentito sminuito da una persona che rappresenta o incarna l’autorità?
Mi sono sentito vittima del controllo, dell’abuso o della manipolazione che gli altri hanno potuto esercitare su di me?
Artriti infettive del ginocchio:
La collera e il senso di ribellione fanno sì che io rifiuti di dar ragione a questa persona o a questa situazione?
→ Artrite delle vertebre o spondilite anchilosante: malattia infiammatoria cronica della colonna vertebrale con anchilosi dolorosa che colpisce soprattutto le articolazioni sacro-iliache e intervertebrali.
Si tratta molto spesso di un senso di svalutazione generale, con bisogno di sostegno affettivo, se riguarda le vertebre dorsali. Se colpisce le articolazioni situate fra osso sacro e ossa iliache, potrebbe trattarsi di una svalutazione di tipo sessuale, e cioè riguardare sia il sesso che la sessualità. Vedi anche Malattie autoimmuni.
Avranno desiderato una femmina, mentre sono maschio (o viceversa)?
Mi è mai stato detto che non valevo niente, che non si poteva contare su di me?
Ho contato sul sostegno dei miei cari per realizzarmi e, siccome non l’ho ottenuto, credo di non valere nulla?
ARTROSI: lesione cronica, degenerativa e non infiammatoria, di un’articolazione. Può riguardare una sola articolazione o più di una, in modo simmetrico. In questo caso si parla di poliartrosi. Le articolazioni affette da artrosi sono doloranti, deformate, scrocchianti e fredde.
Mentre l’artrite è legata a un senso di svalutazione da comparazione, l’artrosi è causata da una svalutazione di sé che affonda nel passato.
Mi sono forse sentito svalutato da uno dei miei insegnanti?
Mi sono trascinato un senso di colpa per anni?
→Artrosi della colonna vertebrale:
Mi sono forse sentito svalutato per non averricevuto il sostegno necessario per prendere il mio posto, per farmi una posizione nella vita?
Mi succede di pensare che non ho mai ricevuto il sostegno che mi avrebbe consentito di realizzarmi?
→ Artrosi del ginocchio:
Faccio forse resistenza a ciò che gli altri mi dicono perché mi sento sempre criticato o denigrato?
Provo forse da tempo una mancanza di flessibilità nei miei riguardi che mi spinge a svalutarmi? Per esempio, mi dico che dovrei dimagrire o smettere di fumare, ma siccome non ci riesco, mi critico e mi svaluto.
→Artrosi all’anca:
Mi sono forse sentito sminuitoper non aver potuto seguire la strada che avrei voluto?
Mi sono forse svalutato perché, avendo paura di affrontare l’ignoto, mi sono accontentato di quello che conoscevo?
→Artrosi al piede:
Ho sempre avuto paura di andare avanti nella vita?
→Artrosi alle vertebre cervicali:
Mi sento forse inferiore per non aver compiuto lunghi studi?
Mi svaluto di fronte alla difficoltà che ho di prendere decisioni per paura di non fare la scelta giusta?
ASCELLE o CAVO ASCELLARE:
rappresentano l’appoggio. Non a caso, quando si usano le stampelle, si posizionano nel cavo ascellare.
Riguarda l’appoggio che si riceve o si dà agli altri, oppure coloro che prendiamo sotto la nostra protezione.
→Dolore al cavo ascellare:
Mi sento solo di fronte ai problemi da risolvere?
→Psoriasi all’ascella:
Mi sento forse impotente a dare il mio aiuto a una persona che amo e che soffre?
Può trattarsi di qualcuno che soffre e che rifiuta l’aiuto che vorremmo offrirgli. In questo caso abbiamo contemporaneamente il dolore per non poter entrare in contatto con la persona e il senso d’impotenza per non poterla aiutare.
Il problema può essere anche legato a una persona deceduta.
Mi sento colpevole per non aver potuto sostenere di più questa persona che soffriva e che è morta?
→ Gangli ascellari: vedi Linfonodi. Vedi anche Adenoflemmone, Idrosadenite.
ASCESSO:
concentrazione di pus (accumulo di batteri) che si sviluppa nei tessuti molli, ossei o sotto la pelle.
Indica spesso un accumulo di rabbia o di frustrazione trattenuta senza essere espressa.
La rabbia o la frustrazione possono riguardare una situazione che non ci piace – il comportamento di una persona che ci irrita – o essere invece una forma di rabbia rivolta contro se stessi. La localizzazione dell’ascesso è altrettanto indicativa della causa. Alcuni esempi:
→ Ascesso anale: vedi anche Ano.
C’è qualcosa che riguarda l’esito di una situazione che mi provoca rabbia perché le cose non vanno come vorrei?
Sono arrabbiato perché non riesco a vedere la fine di una situazione problematica?
→Ascesso gengivale:
Qual è la rabbia o la frustrazione sulla quale rimugino nei confronti di una situazione che ho subito?
Sono arrabbiato con me stesso per non avere riflettuto abbastanza prima di fare la scelta di cui ora mi trovo a rispondere?
→ Ascesso ai gangli: vedi Adenoflemmone.
→ Ascesso al fegato: vedi Fegato.
→ Ascesso alle ghiandole sudoripare: vedi Idrosadenite.
→ Ascesso alla gamba: può rivelare la rabbia dovuta al sentirsi trattenuti in ciò che vogliamo intraprendere.
La cosa può riguardare cambiamenti alla nostra casa, agli studi, un viaggio, un nuovo impiego ecc.
Provo rabbia nei confronti di una persona o di una situazione che mi frena e che mi blocca rispetto al mio desiderio di andare avanti?
Ce l’ho con me stesso per il fatto di non avere abbastanza coraggio per abbandonare una situazione che non riesco più a sopportare?
→Ascesso al seno: il seno destro in una destrimane riguarda le sue relazioni affettive, il seno sinistro il suo aspetto materno.
Un ascesso al seno sinistro in una destrimane può indicare rabbia nei confronti di uno dei suoi figli, mentre quello al seno destro esprime la delusione o la rabbia verso il partner o uno dei famigliari (in una donna mancina tutto andrà letto al contrario: il seno destro riguarderà l’aspetto materno, quello sinistro le relazioni affettive).
Seno sinistro (destrimane):
Provo rabbia o frustrazione verso uno dei miei figli o verso una situazione che riguarda i miei figli?
Seno destro (destrimane):
Provo rabbia o delusione nei confronti di una persona che mi è vicina?
ASCITE:vedi Liquido ascitico.
ASISTOLIA o ARRESTO CARDIACO:
arresto della funzione cardiaca in seguito a infarto del miocardio o per altre cause come: arresto respiratorio, folgorazione, shock anafilattico, emorragia grave, intossicazione, ipotermia. Vedi Emorragia, Infarto del miocardio, Shock anafilattico ecc.
Quando si verifica un arresto cardiaco, all’origine può esserci stato uno shock fisico o emotivo, oppure un profondo sentimento di perdita per qualcosa o qualcuno a cui si teneva in modo particolare.
Ho avuto uno shock di tipo fisico? (Uno shock elettrico, un incidente violento, un farmaco non adatto a me.)
Ho avuto uno shock di tipo emotivo? (L’annuncio della morte di uno dei miei cari, furto, incendio, fallimento economico, tradimento del mio partner ecc.)
ASMA:
malattia respiratoria caratterizzata da crisi di dispnea acuta dovute a un brusco restringimento dei bronchi e dei bronchioli per uno spasmo, un edema o un’ipersecrezione bronchiale. Può essere legata a una sensazione di soffocamento o alla paura di venire abbandonati, oppure a un senso di colpa nei confronti della propria vita.
Ci si può sentire soffocati dall’amore di un genitore, dalle sue aspettative o dai limiti che ci impone. Allo stesso modo si può provare questa sensazione di fronte a una situazione di cui non si vede via d’uscita, in cui ci si sente presi alla gola, come nel caso di un indebitamento, un eccesso di lavoro, troppe responsabilità o di compiti da assumere che possono dare la sensazione di essere senza fiato.
Può anche trattarsi di una forma di dipendenza dall’affetto degli altri. Le crisi di asma possono servire ad attirare l’attenzione di cui crediamo di aver bisogno per vivere. Tuttavia, questo stratagemma finisce per allontanare le persone a cui teniamo anziché avvicinarle. Non è l’adulto, ma il bambino in noi che usa questi mezzi.
Infine, l’asma può derivare da un senso di colpa nei confronti della propria vita.6 Ogni volta che ci si sente felici e che si prova piacere, si scatena una crisi d’asma per sabotare la nostra gioia.
Da chi o da che cosa mi sento soffocare?
Quali sono i vantaggi che ottengo dalle mie crisi d’asma?
È possibile che io soffochi me stesso perché non voglio diventare autonomo affettivamente, perché credo di aver ancora bisogno dell’attenzione degli altri per vivere?
ASPERGILLOMA:
l’aspergilloma è una massa formata da un aggregato di filamenti micotici (funghi) dell’Aspergillus fumigatus, che si localizza su uno dei bronchi o su una lesione preesistente. Vedi Aspergillosi.
ASPERGILLOSI:
malattia dovuta allo sviluppo nel corpo umano di un fungo del genere Aspergillus. L’aspergillosi aggredisce soprattutto i polmoni o i bronchi, più difficilmente altre zone, come quelle oculari, nasali o delle ossa. I funghi si sviluppano su sostanze morte o in decomposizione. Di conseguenza, la persona affetta da aspergillosi o da aspergilloma può avere la sensazione che la vita le sfugga. L’aggettivo che mi venne in mente con una donna che mi aveva consultato per un problema di aspergillosi polmonare era «condannato». Mi disse: «È esattamente quello che dico sempre. In effetti, è così che mi sento da anni».
L’aiutai a liberarsi da questa sensazione e a credere che poteva cambiare la sua vita. Ritrovò il piacere di vivere che non provava da molto tempo. Disse alle infermiere che interrompeva le cure quotidiane. Tolse dalla stanza tutto quello che le ricordava la malattia. Fece nuovi progetti, in breve si sentì rivivere. Qualche mese dopo il fungo, che nessuna cura era riuscita a eliminare, scomparve del tutto.
Ho la sensazione che una parte di me stia morendo o che io piano piano stia morendo?
Ho la sensazione che la vita mi stia sfuggendo e che non possa farci nulla?
Mi sento forse condannato in seguito alla diagnosi che mi è stata fatta?
ASSENZA DI LACRIME: vedi Cheratocongiuntivite secca.
ASTIGMATISMO:
disturbo della vista che causa una visione difettosa, sia da vicino che da lontano. È spesso legato a una sensazione di confusione rispetto a una scelta da fare o a una direzione da prendere. Per esempio: Louis vuol fare il ballerino, mentre i suoi genitori vogliono che studi Legge. Un figlio adottato soffriva di astigmatismo. Avrebbe voluto rimanere con la sua mamma, ma i servizi sociali lo avevano affidato a un’altra famiglia.
Mi sento forse confuso fra ciò che desidero e ciò che ci si aspetta che io faccia?
Ci si può sentire perduti, non volendo vedere la vita com’è. Può darsi che quello che vediamo sia il contrario dell’idea che ci eravamo fatti di una persona o di una situazione.
Sono forse sulla difensiva per una situazione che non vorrei vivere?
Che cosa non vorrei vedere o guardare?
È forse la paura della solitudine che mi tiene aggrappato a questa relazione in cui non sto bene?
È forse il timore che mi possa mancare qualcosa che mi spinge a mantenere questo lavoro o a stare con questa persona che non è più adatta a me?
ASTRAGALO:
osso corto a cui si attacca la tibia e che ha un ruolo essenziale nei movimenti di estensione e di flessione del piede.
→Frattura dell’astragalo:
Può darsi che abbia fatto resistenza rispetto al fatto di avanzare verso una nuova situazione che mi faceva paura?
ASTROCITOMA:
tumore del sistema nervoso centrale, formatosi a detrimento degli astrociti (cellule nervose con molte ramificazioni, a forma di stella). Gli astrocitomi più comuni sono i gliomi, che si sviluppano a detrimento delle cellule della nevroglia o tessuto di sostegno degli emisferi cerebrali. Vedi Glioma.
→Astrocitoma delle cellule del nervo ottico:
Ho paura dello sguardo degli altri, di quello che possono pensare o dire di me?
ATASSIA:
mancanza di coordinazione e di agilità che colpisce l’equilibrio e il movimento degli occhi, degli arti e l’elocuzione.
L’andatura è impacciata, incerta, a gambe divaricate, ciò che può far confondere la malattia con l’alcolismo. Può venire da un’intossicazione (da farmaci o da alcol), da un problema all’organo dell’equilibrio nell’orecchio interno, oppure da una lesione del cervelletto.
Ho la sensazione che a un certo punto della vita mi sia perso, senza più sapere quale fosse la mia strada e cosa dovessi fare della mia vita?
Porto in me un senso di colpa verso la mia vita?
ATASSIA DI FRIEDREICH:
malattia congenita rara caratterizzata dalla degenerazione del sistema nervoso del midollo e del cervelletto. Colpisce la capacità di movimento della persona, costringendola su una sedia a rotelle. Mi è capitato di incontrare una persona colpita da questa malattia il cui corpo era deformato da torsioni laterali. Su richiesta della sorella avevo accettato di incontrarla. La sua prima domanda fu: «Perché sono nata così, che cosa ho fatto di male per essere invalida?» Mi venne di risponderle in questo modo: «Tu non hai fatto niente di male, ma forse in un’altra vita eri molto religiosa? Forse eri pronta a soffrire come il Cristo assumendoti la sofferenza degli altri?» Mi rispose: «Quello che dici mi colpisce molto perché, vedi bene come sto, eppure ogni volta che incontro una persona che sta male, penso: ‘Signore, dai a me la sua sofferenza!’ Qualche mese fa potevo ancora utilizzare la mano destra per dipingere, ma da quando è arrivata una nuova degente non riesco più a usarla, ed è la cosa che più mi fa soffrire perché non mi è rimasto più niente con cui divertirmi. E ricordo di averlo chiesto intensamente tanto la vedevo soffrire». Le spiegai che la sofferenza porta con sé insegnamenti che dobbiamo apprendere e che non è possibile farlo al posto degli altri, così come non si può imparare una lingua straniera al posto di un’altra persona. Comprese le mie parole e nello stesso tempo anche qual era la sua lezione. Nei giorni successivi riprese la mobilità della mano e poté riprendere a dipingere.
ATEROSCLEROSI:vedi Arteriosclerosi.
AUTISMO:
è caratterizzato da un distacco dalla realtà che porta alla perdita degli scambi con il mondo esterno e al predominio di un mondo immaginario. Quando compare nel primo anno di vita del bambino, bisogna capire quello che è successo durante la gestazione o se il bambino è stato vaccinato. Vedi Vaccinazione.
La madre ha forse avuto un trauma o è stata affetta da depressione durante la gravidanza?
L’anima potrebbe aver rifiutato la sua incarnazione?
L’autismo in un bambino che ha superato i due anni – o in un adulto – è, nella maggior parte dei casi, legato a una grande sofferenza che lo spinge a ripiegarsi sul proprio mondo interiore per non soffrire. L’autismo nei bambini corrisponde all’Alzheimer nelle persone anziane.
→Il bambino che non comunica in alcun modo:
Il bambino vive forse in un ambiente in cui ci sono conflitti, tensioni?
Può essere che rifiuti di progredire verso un mondo per lui violento?
È possibile che il bambino abbia rifiutato la sua incarnazione.
→Il bambino che non parla ma che comunica con altri mezzi:
Può darsi che per questo bambino parlare equivalga a crescere?
Può darsi che non voglia crescere perché per lui equivale a soffrire?
Forse la madre vuole tenere il bambino come un bebè per proteggerlo meglio?
→ Autismo che perdura nell’adulto: esprime quasi sempre una grande sofferenza da cui la persona non sa come uscire, o un rifiuto di vivere.
AUTOMUTILAZIONE o DERMOGRAFIA VOLONTARIA:
deriva da un senso di colpa, di odio verso se stessi o dalla sensazione di non avere alcun valore. Possiamo essere convinti che se l’altro se ne è andato è per colpa nostra. Ci si può odiare per il fatto di far soffrire una persona, sia con il nostro comportamento, sia perché incapaci di aprire il cuore a qualcuno che ci vuole bene e che farebbe qualsiasi cosa per noi. Pensiamo: «Lui (o lei) merita qualcosa di meglio di me, non merita che io lo (la) faccia soffrire».
Che cosa mi ha portato a odiarmi così tanto?
Ritengo di non essere degno di essere amato?
Di che cosa mi sento così in colpa?
Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A Dizionario dei Sintomi – Lettera A
Salve,
innanzitutto complimenti per questo dizionario davvero illuminante.
Nell’indice ho letto la voce “allergia al risveglio” e mi sono incuriosita in quanto il mio ragazzo, al risveglio, produce un’enorme quantità di muchi (riempie almeno due fazzoletti). Purtroppo nelle spiegazioni, la voce non compare…
Secondo ciò che è scritto per le altre allergie, dovrebbe essere legato a un episodio successo al risveglio…è davvero così o è legato a qualcos’altro (ad esempio come per la celiachia)?
La ringrazio anticipatamente!
Stefania
Ciao Stefania,
chiedo umilmente scusa per la parte mancante. Adesso è stato corretto. Grazie ancora per la segnalazione!
PS – Tieni presente che le indicazioni sotto l’aspetto Metamedico, non comprendono tutta la parte legata all’alimentazione o comunque ai fattori esterni.
Se ad esempio, il tuo ragazzo tende a seguire una dieta molto sana, senza latticini e glutine (che tendono ad aumentare notevolmente il livello di muco), allora può tenere in considerazione la parte “emotiva”, cercando di capire e risolvere (come consiglia la Metamedicina), quale segnale sta inviando il corpo.
Se invece tende a seguire una dieta sregolata, non facendo attenzione a latticini e glutine, molto probabilmente ci saranno da fare anche delle correzioni dal punto di vista alimentare.
Ho l alopecia da un anno…e ho perso i capelli da quand osono entrata in maternità… i pensieri di non poter pagare tutto puntuale è stato il motivo di questo. Adesso la mia domanda è: Ho trovato una via di uscita, un aiuto e non ho più questi pensieri…ma i “bucchi ” continuano ad aumentare….cosa fare???
purtroppo non possiamo rispondere in maniera definita a questo domanda. Ci sarebbero davvero da tenere in considerazione mille variabili, che non si possono riassumere in una sola risposta. Quel che possiamo dire è che ti auguriamo che tu possa continuare il tuo percorso senza “preoccuparsi” troppo, e provando a fare degli esercizi di Mindfulness, che nei casi di patologie stress correlate, aiutano a trovare una via di uscita rapida e concreta.
Logicamente, è sempre importante e assolutamente insostituibile il pensiero medico, che resta sempre il solo e unico parere riconosciuto legalmente.
Augurandoti ogni bene, inviamo un abbraccio
Volevo chiedere una cosa riguardo mio figlio: si fa continuamente male, cade, sbatte … non è una malattia ma potrebbe essere una forma di autolesionismo involontario… ha 9 anni… è secondogenito e molto in conflitto col fratello che ha 2 anni più di lui… non so come posso aiutarlo… spero di non essere andata fuori tema. Grazie
Buongiorno Alessandra,
Nel caso specifico di suo figlio il mio unico consiglio è quello dico rivolgersi ad uno specialista che sappia orientarla nel miglior modo possibile. Quando si ha a che fare con i bambini è necessario non “improvvisarsi” esperti e utilizzare i consigli di medici e/o esperti in educazione.
Mi dispiace non poter essere stato d’aiuto! In bocca al lupo per tutto
Pensavo continuasse dalla a alla z come fare x ricevere altre informazioni?
.
Può tornare all’indice e andare sulla lettera di suo interesse da qui: https://www.vivereserenamente.com/2017/02/10/indice-dei-sintomi-metamedicina/
Stavo cercando “allattamento” poiche’ sono madre di una bambina di 14 mesi che vuole ancora il seno per dormire e non mi lascia un attimo. Vedo che non sono la sola,e cio’ mi conforta, ma ora sto vivendo malissimo la mia maternita’, i primi mesi ho avuto episodi di gotta agli alluci, poi scomparsa perche’ ho messo un freno a tutte le persone negative che avevo intorno. Tuttavia mi chiedevo se ho generato io questa dipendenza al seno in mia figlia, e in cosa dovevo cambiare. Tenga conto che ho partorito in preeclampsia grave (gestosi).